Cerca e trova immobili

CANTONEIl medico che sbagliò in sala: «Perché l'anestesista non mi fermò?»

20.09.18 - 12:59
È ripreso il processo al dottor Rey che nel 2014 asportò per errore i seni a una paziente. Il medico respinge però l'accusa di lesioni colpose gravi
Tipress
Il medico che sbagliò in sala: «Perché l'anestesista non mi fermò?»
È ripreso il processo al dottor Rey che nel 2014 asportò per errore i seni a una paziente. Il medico respinge però l'accusa di lesioni colpose gravi

LUGANO - «Ero sconvolto. Le posso garantire che una cosa del genere dopo una vita passata in sala operatoria a risolvere problemi e non a crearli è la cosa peggiore che possa succedere». Ha risposto così il dottor Piercarlo Rey quando il giudice Amos Pagnamenta gli ha chiesto come si sia sentito una volta scoperto che aveva effettuato una mastectomia bilaterale alla paziente sbagliata.

«Senso di colpa, ma non potevo fare diversamente» - I fatti risalgono all’8 luglio 2014, quando nella sala operatoria della clinica Sant’Anna di Sorengo asportò entrambi i seni a una paziente invece di effettuare un’incisione per rimuovere un piccolo tumore. Da qui l’accusa di lesioni colpose gravi sostenuta del procuratore pubblico Paolo Bordoli ma respinta dal medico: «Il mio senso di colpa è pesantissimo. Ogni giorno mi chiedo cosa avrei potuto fare perché ciò non accadesse, ma la colpa giuridica è un’altra cosa. La realtà è che non avrei potuto fare nulla di diverso da quanto ho fatto, mentre le altre persone presenti avrebbero potuto agire diversamente. Mi chiedo perché oggi solo io sia presente in sala e nessun altro», ha detto in aula Piercarlo Rey.

«Altri dovevano identificare la paziente» - In particolare, gli avvocati Renzo Galfetti e Tuto Rossi contestano la responsabilità di Rey nell’identificazione della paziente. Aspetto che non toccava all’accusato in quanto quando la paziente giunge in sala operatoria è addormentata e coperta: «Non c’era la possibilità di un’ulteriore verifica perché tra le altre cose io neppure conoscevo la paziente (conoscevo il caso clinico avendone discusso con il medico curante, ma non il viso)», ha precisato Rey. «Durante l’operazione - ha poi continuato - la cartella medica ce l’ha l’anestesista, che in sala operatoria entra da una porta differente da quella del chirurgo e che durante l’operazione si trova in una zona non sterile. Il chirurgo è sterile e quindi non può entrarci in contatto.

Senza medico assistente - Il medico ha poi parlato della figura del medico assistente: «A mia memoria quello era il primo giorno che operavo senza medico assistente, ma c’era un’infermiera strumentista a fare le sue veci». «Lei non era stupito?», ha rilanciato Pagnamenta. «No perché sapevamo che era previsto in quei giorni che i medici assistenti non fossero più presenti, immagino per ragioni di risparmio, ma non ci era giunta alcuna informazione ufficiale».

Prassi consolidata - Sempre sull’identificazione dei pazienti, Rey ha sostenuto che non c’era nessuna direttiva della clinica, ma che ogni chirurgo seguiva la propria prassi «e io ho usato quella che ho applicato negli altri 4’500 interventi precedenti».

«Programma operatorio non accessibile e inaffidabile» - Quanto al programma operatorio, questo poteva variare durante la giornata. «Ma noi esterni non avevamo accesso al sistema informatico né ce ne veniva consegnata una copia fisica. In ogni caso non è uno strumento d’identificazione perché non è affidabile, visto che cambia in continuazione»

«L'anestesista doveva fermarmi» - «Come spiega il fatto che l’anestesista che ha la cartella non sia intervenuto?» ha rilanciato Pagnamenta. «Non me lo spiego. Aveva il dovere di fermarmi, così come chiunque avesse avuto un qualsiasi dubbio, ma nessuno l’ha fatto e ogni giorno mi chiedo il perché. Io ero sicuro dell’identità della paziente, convinto che si trattasse di quella che poi è risultata essere un’altra paziente».

Il processo riprenderà nel pomeriggio.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE