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CANTONEFu violenza carnale, ma tentata

19.04.18 - 12:14
Alle Criminali 45enne condannato a una pena sospesa di dodici mesi per i fatti del marzo 2014. La Corte: «Dichiarazioni non pienamente credibili, ma qualcosa è successo»
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Fu violenza carnale, ma tentata
Alle Criminali 45enne condannato a una pena sospesa di dodici mesi per i fatti del marzo 2014. La Corte: «Dichiarazioni non pienamente credibili, ma qualcosa è successo»

LUGANO - Né l’aggressore né la vittima sono pienamente credibili. Ma quel 2 marzo del 2014 qualcosa è effettivamente successo. È quindi stato condannato per tentata violenza carnale il 45enne del Locarnese a processo perché accusato di aver violentato la moglie. La Corte delle Criminali, presieduta dal giudice Marco Villa, ha stabilito una pena di dodici mesi, sospesa per due anni. Oltre a un risarcimento per torto morale di mille franchi e al rimborso delle spese legali. L’imputato è stato prosciolto da tutti gli altri reati principali, fuorché il danneggiamento e la minaccia. La Corte ha tenuto conto della violazione del principio di celerità, dello stress emotivo che l’imputato stava vivendo all’epoca e del fatto che in seguito «ha ripreso in mano la sua vita».

Le dichiarazioni delle parti non hanno permesso, ha spiegato la Corte, di definire «in modo chiaro che i fatti si siano svolti in un certo modo». La decisione si basa su elementi oggettivamente incontestabili, che in questo caso erano le testimonianze dei vicini. Una testimonianza in particolare ha consentito di definire che alcuni lividi riscontrati sul corpo della donna sono da ricondurre a fatti avvenuti anche nell’appartamento. L’imputato dichiarava, invece, che erano dovuti unicamente al tentativo di riportare la moglie in casa.

La Corte ha inoltre sottolineato che le versioni di aggressore e vittima stridono anche per il fatto che pochi mesi dopo i due sono tornati a vivere sotto lo stesso tetto. E si è chiesta a chi convenisse tutta questa situazione: «Non si capisce perché la moglie avrebbe dovuto raccontare fatti di questa gravità, nella misura in cui allora era già separata e il figlio stava con lei».

I fatti risalgono al marzo del 2014, quando l’uomo avrebbe costretto la moglie a un rapporto sessuale, oltre ad averla minacciata con un coltello da cucina e ad averle impedito di andarsene dall’appartamento in cui si trovavano. L’accusa, rappresentata dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni, aveva proposto una pena detentiva di tre anni, chiedendo la conferma in particolare dei reati di violenza carnale e sequestro di persona. In nome della vittima, l’avvocato Francesca Lepori Colombo aveva inoltre avanzato una pretesa di risarcimento per torto morale di 15’000 franchi, oltre al rimborso delle spese legali.

Il difensore Fiorenzo Cotti auspicava invece il proscioglimento dalla maggior parte dei reati, non ammessi dal 45enne. E in caso di condanna, chiedeva di limitarla a un massimo di diciotto mesi con la condizionale. Nel suo intervento il legale metteva in dubbio il racconto della vittima, definendola come una «manipolatrice seriale».

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