Il deputato Paolo Pamini, finito nella bufera per alcune sue opinioni sulla disparità salariale delle donne e sulla maternità, non fa dietrofront
LUGANO – Antiquato, sessista e maschilista. È l’etichetta che sui social network è stata affibbiata a Paolo Pamini, dopo l’opinione pubblicata di recente sul Corriere del Ticino in merito al tema delle donne e della disparità salariale. «Le donne guadagnano meno perché hanno la maternità», è il pensiero del deputato de La Destra. In sintesi: la donna ha la vocazione di mamma. Dunque, visto che prima o poi c’è il rischio che lasci il lavoro, è comprensibile che guadagni meno. Da giorni il popolo del web insorge contro di lui. Anche alcuni politici lo hanno attaccato duramente. E allora noi, Pamini, lo abbiamo contattato per capire se, dopo avere innescato la bomba, intende correggere il tiro.
Pamini, sua moglie le parla ancora?
Certo, e perché non dovrebbe? Sappiamo entrambi che, se un giorno dovessimo avere un figlio, dovremo, in un modo o nell’altro, o io o lei, sacrificare il tempo di lavoro.
Spesso è la mamma a rinunciare al lavoro.
Il bambino ha bisogno di qualcuno che si occupi di lui. Se entrambi i genitori vogliono lavorare, bisogna pagare una tata. E anche in questo caso il reddito complessivo della coppia diminuirà. Non è un caso che il fatto di avere assunto una tata sia deducibile dalle imposte. Il discorso economico torna sempre.
Perché si è lanciato in questa operazione-kamikaze?
Lo scorso 8 marzo mi sono infastidito sentendo parlare di discriminazione delle donne in Svizzera. Poi, poche settimane dopo, sono usciti i dati statistici sui rilevamenti salariali. E lì non ce l’ho più fatta.
Le hanno dato del superficiale. Cosa replica?
Mi accusano di avere detto cose ovvie. E allora perché indignarsi di fronte a tanta ovvietà? Qualcosa non quadra. Io ho solo lanciato una riflessione. Parlare di discriminazione in Svizzera non ha senso. D’altra parte forse è logico che la donna, avendo il ruolo importantissimo di mamma, debba sacrificare la parte lavorativa.
Insomma, per lei è normale che le donne guadagnino mediamente tra il 15 e il 20% in meno degli uomini. Lo ribadisce?
Sì. E questo non significa discriminare. È provato che se una donna fa una pausa lavorativa di un anno, dovuta alla maternità, la sua carriera ne risente. Ma è normale. Perché bisogna essere tanto ipocriti da negarlo?
Ci sono anche donne che, per scelta, decidono di non avere figli.
Certo. E in alcuni casi queste donne arrivano addirittura a guadagnare più dei colleghi maschi. È una questione di scelte. Di priorità. D’altra parte il mio commento si riferiva a dati medi, non ai casi specifici.
Lo sa che ci sono datori di lavoro che, prima di assumere una donna di 25 anni, ci pensano due volte?
Sì. E anche questo lo trovo comprensibile. Il datore di lavoro sa benissimo che quella è un’età fertile. Se hai un’azienda di grandi dimensioni, ti puoi permettere di assumere una 25enne che a un certo punto magari resta incinta. Se hai una piccola ditta, con pochi dipendenti, può essere un problema.
Ma lei una soluzione al discorso della differenza salariale tra uomo e donna ce l’ha?
Io dico solo che non bisogna negare le differenze alla base della vita. Oggi possiamo beneficiare di asili nido e di modelli di lavoro flessibili, anche per i papà.
Personalmente che rapporto ha con le donne?
Le ritengo portatrici di ricchezza. Ciò non significa volere l’equiparazione quasi biologica tra i due sessi. Sarebbe innaturale.
Secondo lei perché il suo commento ha suscitato tante polemiche?
Alcune reazioni sono interessanti. Nascondono pregiudizi molto radicati nella nostra società. A me sembra che si stia scavando sul fondo del barile pur di rivendicare diritti. Non è così che si migliorano le cose. Io ho solo espresso un dato di fatto.