Lo sfogo del giovane viticoltore Christian Rigozzi in un Ticino inghiottito dal bosco. Intanto è sempre più guerra agli ungulati: in media un animale ucciso ogni notte
CUGNASCO - «Le bestie selvatiche hanno devastato il mio vigneto. Sono disperato». Christian Rigozzi, classe 1980, è un giovane viticoltore attivo nel Sopraceneri. E mentre passeggia tra i filari di uno dei suoi vigneti, a Cugnasco-Gerra, si mette le mani nei capelli. Nonostante gli importanti sforzi del Cantone, gli ungulati continuano a mietere vittime tra i viticoltori ticinesi. «Purtroppo – evidenzia Andrea Stampanoni, dell’Ufficio cantonale caccia e pesca – di casi particolari ce ne sono sempre. Abbiamo a che fare con bestie intelligenti che riescono sempre più a eludere recinzioni o altre barriere definite dall’uomo».
Notti col fucile - Eppure da un paio d’anni il vento sembra essere cambiato. Le cifre dicono che ora nei vigneti ticinesi viene abbattuto in media un animale a notte. «La svolta – dice Giuliano Maddalena, presidente di Federviti – è arrivata due anni fa. Da quando cioè il Cantone ha introdotto i permessi per la guardia campicoltura. In pratica alcuni cacciatori fidati, sull’arco di determinate notti, hanno la possibilità di intervenire su situazioni critiche mirate».
Appostamenti strategici - «Rispetto al passato – dice Graziano Carrara, della sezione Locarnese di Federviti – ora si possono abbattere non solo cinghiali ma anche cervi e caprioli. Personalmente ho fatto parte di questo gruppo di cacciatori particolari. Il cacciatore studia gli spostamenti dell’animale e poi si apposta in un punto predefinito del vigneto». Proprio il Locarnese è notoriamente una delle regioni più soggette ai danni da ungulati. «Ma i danni ai vigneti – assicura Carrara – nell’ultimo anno sono diminuiti quasi dell’80%».
Inghiottiti dal bosco - Rigozzi non ci sta: «Parlo con diversi colleghi e non mi risulta che la situazione globale sia tanto tendente al positivo. Il problema in alcune realtà è ancora più vivo che mai». E non potrebbe essere altrimenti visto che in Ticino negli ultimi 40 anni la superficie boschiva è raddoppiata. «E la fauna ne risente – sostiene Stampanoni –, gli animali sono sempre più vicini alle abitazioni e alle superfici coltivate dall’uomo».
Le casse respirano - I passi avanti a livello di prevenzione hanno comunque, almeno in parte, riequilibrato il fenomeno. «Quando c’è un problema – riprende Maddalena – il viticoltore lo segnala al Cantone. E poi si interviene in maniera mirata sui capi viziosi». E gli effetti di questo nuovo corso si vedono anche sulle casse dello Stato. Nell’ultimo biennio la cifra che il Cantone versa come risarcimento all’agricoltura per questo genere di problematiche è scesa da circa 1 milione e 300 mila franchi a 800mila franchi.
Risarcimenti - Tra i 200 e i 300 casi annunciati ogni anno. Oltre la metà (189, nel 2015) sono ritenuti risarcibili dopo la perizia di un esperto cantonale indipendente. «Il massimo che la base legale concede è un risarcimento dell’80% – ammette Stampanoni –, facciamo capo a un fondo speciale dell’Ufficio caccia e pesca. Sono due i periodi caldi. Quello della vendemmia, ma anche quello primaverile, visto che i germogli fanno gola agli ungulati».
Il futuro - Rigozzi, dal canto suo, ammette: «In alcuni casi il viticoltore non fa nemmeno la richiesta di risarcimento al Cantone. E quindi non tutti i danni effettivi sono registrati dalla banca dati cantonale. In ogni caso bisogna stringere ulteriormente le viti su questo tema». I margini di manovra sembrano esserci. Lo sostiene anche Carrara: «Possiamo ancora migliorare. Con recinzioni più massicce, apparecchi ultrasuoni e liquidi repellenti. In modo da non arrivare per forza all’abbattimento dell’animale».