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BREGANZONA«Se non processano quell’uomo, non potremo mai entrare in casa»

21.04.16 - 09:19
Un cantiere fermo da quasi due anni. E un immobiliarista che ha raggirato diverse persone. La rabbia di chi ha investito su di lui: «Siamo preoccupati»
Patrick Mancini
«Se non processano quell’uomo, non potremo mai entrare in casa»
Un cantiere fermo da quasi due anni. E un immobiliarista che ha raggirato diverse persone. La rabbia di chi ha investito su di lui: «Siamo preoccupati»

BREGANZONA - «Sono passati quasi due anni da quando il cantiere della palazzina di Breganzona in cui avremmo dovuto entrare ad abitare è stato bloccato.

Le autorità non ci danno notizie. Siamo preoccupati». Lo sfogo è di una delle persone raggirate da Raffaello Molina, 39enne promotore immobiliare ticinese arrestato a fine gennaio 2015 con pesanti accuse sul groppone. Un lungo elenco su cui il Ministero pubblico fatica a fare luce. «Abbiamo investito tanti soldi - fa notare un’altra vittima dell’immobiliarista -. Se non si arriva a un processo, il cantiere non potrà mai essere riavviato. E noi non potremo mai avere il nostro appartamento».

La lista di accuse - Un cantiere fermo da maggio 2014, tra Via Camara e Via Vergiò, a Breganzona, diventa l’emblema di un ginepraio in cui gli inquirenti sembrano essersi persi. Appropriazione indebita, truffa, amministrazione infedele, bancarotta fraudolenta e frode nel pignoramento, diminuzione dell’attivo in danno dei creditori, cattiva gestione, omissione della contabilità, diffamazione, calunnia, coazione, danneggiamento, falsità in documenti, falsità in certificati e riciclaggio di denaro. Sono le accuse con cui Molina era finito in manette.

Scarcerato - A metà dello scorso mese di luglio l’immobiliarista era stato scarcerato, su richiesta esplicita del suo avvocato, in attesa della conclusione delle indagini. E questo dopo 6 mesi esatti di prigione, trascorsi in carcerazione preventiva e in seguito sotto forma di espiazione anticipata della pena. «In quel periodo - riprende uno dei nostri interlocutori - si diceva che l’inchiesta fosse ormai alle battute conclusive. Invece…»

Il pasticcio - Invece il procuratore pubblico Andrea Minesso stenta, e non poco, a rimettere assieme i tasselli del puzzle. A complicare la situazione, nel corso dell’autunno passato, è arrivato lo scandalo del fallimento dell’Adria Costruzioni e quello della Banca Wir, con l’arresto di altre persone. Società legate a Molina, dal momento che l’Adria stava costruendo per lui proprio le due palazzine di Breganzona e la Wir lo finanziava direttamente.

Sotto sequestro - A tenere in ansia le tante persone che aspettano, in qualche modo, di essere risarcite da Molina sono alcuni aspetti cruciali. Fino al processo, tutti i suoi beni resteranno sotto sequestro. Con il processo, si dovrebbe passare dal sequestro alla confisca. In pratica, i suoi averi dovrebbero essergli portati via per ricompensare i creditori, la gente che ha raggirato. E forse anche il cantiere di Breganzona potrebbe essere finalmente riavviato.

Precariato - La situazione delle palazzine di Breganzona, due stabili da sette appartamenti ciascuno, è particolare. Il cantiere, definito “obbrobrio” dagli abitanti della zona, è fermo addirittura dal maggio del 2014, vale a dire da quanto Molina ha avuto i primi problemi. «Quanto già costruito - evidenzia uno dei nostri testimoni - è in uno stato sempre più precario: muffa, infiltrazioni d’acqua». Lo scorso anno la Città di Lugano aveva dovuto blindarne l’accesso per evitare che i giovanissimi entrassero di notte a fare feste abusive e a ubriacarsi. «Bisognerà quasi ripartire da zero».

Ricostruzione finanziaria - Ma per i creditori di Molina le notizie che arrivano dal Ministero Pubblico, sollecitato da Ticinonline, non sono buone. «L’indagine è parecchio intricata - fa sapere il portavoce - ed è ancora aperta. I fatti sono stati parzialmente ammessi da Molina. È in corso una dettagliata ricostruzione finanziaria dei suoi movimenti. Ma non è semplice, anche perché la si fa sulla base di una contabilità praticamente inesistente».

Fuori tempo - Il portavoce del Ministero pubblico ammette come il possibile coinvolgimento dell’Adria e della Wir abbia, di fatto, aumentato ulteriormente la difficoltà delle indagini. «Sappiamo che i legami ci sono. Ma bisogna capire in che misura. Quello che è praticamente certo è che Molina non ha più soldi. È difficile che le sue ipotetiche vittime vengano rimborsate. La questione andrà ancora per le lunghe, gli accertamenti da fare sono parecchi. E il processo potrebbe slittare anche al 2017».

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