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MENDRISIOL’allarme: "Con il salario minimo il Mendrisiotto si ferma"

14.10.13 - 12:22
Marcel Hossli, numero 1 di Zimmerli of Switzerland, leader svizzero dell’intimo, minaccia: "Se passa il salario minimo di 4.000 franchi ce ne andremo in Italia". Il sindacalista OCST: "Iniziativa assurda"
Foto d'archivio (Tipress)
L’allarme: "Con il salario minimo il Mendrisiotto si ferma"
Marcel Hossli, numero 1 di Zimmerli of Switzerland, leader svizzero dell’intimo, minaccia: "Se passa il salario minimo di 4.000 franchi ce ne andremo in Italia". Il sindacalista OCST: "Iniziativa assurda"

MENDRISIO - Il salario minimo di 4000 franchi potrebbe mettere in pericolo l'industria tessile del Mendrisiotto. L'allarme è stato lanciato sul Tages-Anzeiger non soltanto da alcuni esponenti del settore ed economisti, ma anche da un sindacalista dell'OCST, Alessandro Mecatti, che senza mezzi termini ha definito l'iniziativa "una grande assurdità".

Contattato telefonicamente, Mecatti conferma la sua opinione espressa sul giornale zurighese, che lunedì mattina ha dedicato l'apertura della sua edizione online sulla situazione nel Mendrisiotto: "Il salario minimo potrebbe rappresentare un grave deterrente. Molte aziende che oggi operano alle nostre latitudini lo fanno impiegando il 90-95% di lavoratori frontalieri con stipendi attorno ai 3000 franchi. L'autorità tripartita sta fissando un po' ovunque, laddove c'erano paghe da 2.600 ai 2.700 franchi, dei paletti minimi a 3.000. Con il salto ai 4.000 la situazione cambierebbe sostanzialmente: parecchie aziende faranno quattro calcoli e lasceranno il territorio, trasferendosi altrove. C'è chi potrebbe gioire di questa realtà, ma io non sarei per nulla contento. Sono aziende installate da molti anni, hanno creato un indotto importante. Intendiamoci, il lavoro crea il lavoro, ma è giusto combattere gli abusi".

Mecatti poi ricorda: "Il salario minimo di 4.000 franchi in una realtà ticinese che ha una frontiera che si chiama Italia, ha un impatto differente rispetto a una Basilea che confina con la Germania e con la Francia. Gli stabilimenti che si sono insediati nel Canton Ticino, nella stragrande maggioranza, appartengono a società italiane. Se si guarda oggi alla logistica (Gucci, Armani, Prada, Ermenegildo Zegna), ma anche ai gruppi metallurgici notiamo che sono tutti italiani".

Marcel Hossli, amministratore delegato di Zimmerli of Switzerland, azienda tessile dell'intimo famosa nel mondo che nel Mendrisiotto ha uno stabilimento di produzione in cui lavorano una cinquantina di operaie frontaliere, non usa mezzi termini: "Se l'iniziativa verrà accettata saremo costretti a trasferire la nostra produzione a 10 chilometri più a sud".

Alla fabbrica sita nel Mendrisiotto le operaie guadagnano dai 2.700 ai 3.300 franchi al mese. Una paga che in Ticino non permette di vivere dignitosamente, ma superiore di dieci volte ai paesi dell’Europa dell’est e in linea con il contratto generale in vigore nell’industria tessile in Ticino. Dipendenti alle quali viene riconosciuto un premio di produzione che può arrivare fino al 115% del loro salario base. "Ma non di più - ha aggiunto Hossli - perché se l'incentivo è troppo grande, a perderne è la qualità".

Tuttavia il timore è che a fare le valigie non sarebbe soltanto la Zimmerli of Switzerland, ma anche giganti come la Ermenegildo Zegna, che in Ticino occupa 1000 persone, o la Hugo Boss, la Gucci o la sangallese Akris che approfittano del bacino lombardo per attingere a operai formati e a buon mercato.

Il Ceo di Zimmerli ha sottolineato il fatto che i salari così come il costo della vita sono più bassi che in Svizzera tedesca: "Una pizza margherita costa qui dieci franchi, a Zurigo va dai 16 franchi in su". Secondo lui sarebbe "estremamente pericoloso" fissare per legge i salari: "Questo va contro il principio che ha fatto grande la Svizzera".

Pareri quest'ultimi, soprattutto quelli riguardanti il costo della vita in Ticino, che sicuramente faranno discutere e rianimeranno il dibattito politico sulla questione del salario minimo.

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