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LOCARNO/ CURITIBA«Altro che quarta ondata, non siamo mai usciti dalla prima»

22.03.21 - 23:55
La pandemia in Brasile raccontata da Jonathan Schaller, un imprenditore ticinese che vive a Curitiba.
Jonathan Schaller
«Altro che quarta ondata, non siamo mai usciti dalla prima»
La pandemia in Brasile raccontata da Jonathan Schaller, un imprenditore ticinese che vive a Curitiba.
Una popolazione numerosa, un sistema sanitario lacunoso, la voglia di trasgredire, i media che “danno sempre la colpa al Governo”. Le mille sfumature di un Paese in lotta tutti i giorni.

LOCARNO/ CURITIBA - «Non è vero che siamo in preda alla terza o quarta ondata. Non siamo mai usciti dalla prima». La pandemia in Brasile vissuta da un ticinese. Jonathan Schaller nato a Locarno nel 1982, dal 2016 vive a Curitiba capitale dello stato del Paranà. È imprenditore nell'ambito del marketing, è sposato e ha 2 figli. «Da maggio del 2020 le mascherine sono obbligatorie ovunque tu vada e il gel disinfettante è installato alle entrate di ogni stabile pubblico. Senza contare che misurano la febbre a tutti per entrare in qualsiasi area di agglomerazione».  

Il Brasile è davvero una nazione in ginocchio di fronte al Covid?
«Negli ultimi giorni c’è stato un netto peggioramento della situazione. Dipende però dalle zone. In alcuni Stati il Covid è più presente rispetto ad altri. Questo è dovuto alla conformazione geografica e alla densità della popolazione».  

Prendiamo San Paolo per esempio...
«Lì il Covid ha una crescita 4 volte maggiore rispetto alla media nazionale. Questo perché c'è molta più agglomerazione, più attività, negozi. A San Paolo vivono un perenne lockdown e l'economia sta cominciando ad andare veramente in frantumi. Diversi grandi negozi ormai sono chiusi definitivamente con cartelli "affittasi". Si stima che il 20% dei mercati abbia chiuso a causa delle misure restrittive». 

E nel Paranà?
«Nella mia regione fino a poche settimane fa la situazione era abbastanza tranquilla. Anche grazie alla disponibilità dei posti letto per i casi gravi. A Curitiba avevamo una media di 800 nuovi casi al giorno. Ora siamo balzati a 1.400».

Al momento a Curitiba cosa si può fare e cosa no?
«Siamo in una situazione di lockdown totale. Le attività non essenziali non dovrebbero essere aperte. Quello che io noto è che diverse restano aperte lo stesso. Perché l’alternativa sarebbe il fallimento».

Perché in generale il Brasile non riesce a rialzarsi?
«Il brasiliano trova sempre un modo per potere fare quello che non dovrebbe fare. Il carnevale nazionale è stato cancellato. Ma comunque diversi brasiliani non hanno rinunciato né a viaggiare né allo stesso carnevale, che si è svolto in forme private. Poi c'è il sistema sanitario che non funziona proprio. È gratuito, ma la popolazione è così numerosa che si fatica ad accontentare tutti». 

Sulle varianti brasiliana e amazzonica cosa si può dire?
«Al momento qui si parla più di Covid in generale che di queste varianti. Sicuramente sono da tenere sotto controllo».

L'atteggiamento del presidente Jair Bolsonaro fa discutere. Qual è il suo parere?
«La gente o lo ama o lo odia. Io personalmente sono apolitico, ma Bolsonaro mi sembra comunque seriamente preoccupato per chi si trova in difficoltà economica a causa del Covid. C'è un problema di qualità dell'informazione però».

Vale a dire?
«Quasi tutte le emittenti televisive sono di sinistra e quindi creano sempre reportage sensazionalistici per indurre il popolo a credere sempre al peggio, rafforzando l'idea che la colpa sia sempre del Governo. Purtroppo le maggiori testate internazionali attingono proprio da queste notizie per fare i propri articoli». 

D’accordo. Però le dichiarazioni di Bolsonaro sul Covid hanno fatto il giro del mondo. Ed è stato lui a pronunciarle…
«Bolsonaro non può decidere sui singoli Stati. Ed è qui che entrano in gioco i governatori che per scelte politiche ideologiche o di buon senso applicano regole e restrizioni più o meno intelligenti. Ma chi ne paga le conseguenze sono sempre le persone in basso della piramide. D'altro canto Bolsonaro ha già avvisato che se dovesse riuscire di nuovo ad elargire gli aiuti emergenziali saranno i singoli Stati a doverli pagare in caso di lockdown dettato dai governatori. La situazione è parecchio complessa dunque».

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