
BELLINZONA - Con così tanti nuovi casi ogni giorno, i contagi da coronavirus non risparmiano nessun ambiente. Ed è così che il virus è entrato anche nell’Amministrazione cantonale, in particolare al Centro sistemi informativi (CSI) di Bellinzona. La notizia di due collaboratori risultati positivi al Covid-19 è stata annunciata «informalmente» oggi ai colleghi, ai quali sarebbe stato chiesto però di «non divulgare la notizia per questioni di privacy e per non spargere il panico».
Qualcuno, ugualmente allarmato, si è rivolto al Movimento per il socialismo (MPS) segnalando diversi problemi. In particolare, la «non tutela del personale». Sembra infatti che uno dei contagiati sia a stretto contatto con molte persone, occupandosi tra le altre cose dell'accesso ai piani, di consegnare la posta interna, parlare con i fornitori. Inoltre, i colleghi che dividono l’ufficio con l’altro contagiato «non sono stati messi in quarantena né sono stati opportunamente avvisati/informati».
In generale, la segnalazione mette sotto la lente alcune caratteristiche del CSI che in periodo di pandemia sono diventate un problema: «L’edificio ospita 180 persone (i piani principali ne prevedevano 100), vi sono uffici di 50 mq con otto postazioni separate solo da paratie mobili, non vi è l’obbligo di indossare la mascherina, il datore di lavoro non le fornisce, il disinfettante è solo nei corridoi, le pulizie riguardano solo i pavimenti senza disinfezione delle scrivanie, non è possibile aerare adeguatamente tutti gli uffici».
Nonostante si tratti di una struttura cantonale, che fa capo al DFE, non sarebbe concesso il telelavoro, stando alla segnalazione che i collaboratori hanno fatto all’MPS. «Vi sono persone a rischio alle quali, nonostante i certificati medici, durante la prima ondata è stato concesso pochissimo telelavoro, solo uno o due giorni alla settimana». E dire che la maggior parte di loro sono informatici, «che potrebbero lavorare da casa senza problemi».
Da qui l’enorme preoccupazione di alcuni collaboratori e la segnalazione all’MPS, che all’attenzione del Consiglio di Stato sottopone ben dodici domande.
L’interpellanza del gruppo MPS-POP-Indipendenti
1. Quando intende Silvano Petrini e gli altri funzionari dirigenti del CSI, implementare il telelavoro data l’emergenza COVID, per i propri dipendenti?
2. A quante persone intende accordarlo? Per quanto tempo? Da quale data? Quali sono eventuali impedimenti all’attuazione immediata?
3. Quali particolari disposizioni intende la direzione mettere in atto per le persone a rischio (indicare tipo, modo e tempi).
4. La direzione è pronta ad assumere la responsabilità penale di eventuali contagi avvenuti in questo lasso di tempo su persone a rischio costrette ad andare in ufficio?
5. Quali misure sono state intraprese e con quale efficacia per prevenire la diffusione del COVID all’interno del CSI?
6. Il Medico Cantonale ha potuto verificare e confermare la bontà dei dispositivi finora messi in pratica? In che occasione? In che modo (visita, etc.).
7. Corrisponde al vero che lo stabile CSI è attualmente sovraffollato? Quante persone dovrebbe ospitare in condizioni normali?
8. La pulizia dello stabile è stata aumentata? Con che modalità (disinfezione, aumento dei turni del personale per le pulizie etc.)
9. I servizi igienici dello stabile sono adeguati? Quante persone servono? Ogni quanto è prevista la disinfezione?
10. Visto che ancora non è stato fatto quando verranno distribuiti, gratuitamente, disinfettanti e mascherine ad ogni collaboratore dello stabile? Cosa ha impedito finora tale distribuzione?
11. Come mai il telelavoro, molto indicato e fattibile in campo informatico, non è stato ancora preso in considerazione al CSI? Quali sono i parametri per i quali il telelavoro è concesso?
12. I casi di COVID tra i dipendenti sono tracciati? Non ritiene la direzione vi sia la necessità di mettere in quarantena perlomeno i colleghi di coloro che hanno contratto il COVID? (colleghi con cui sono venuti in contatto)