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CANTONEOltre duecento casi in una settimana, ma il contact tracing non piace

11.10.20 - 22:00
Lo sfogo dei ristoratori: «Dicono “li chiedete solo voi”, “non li darò mai”, “se le cose stanno così non vengo più”»
TiPress - foto d'archivio
Oltre duecento casi in una settimana, ma il contact tracing non piace
Lo sfogo dei ristoratori: «Dicono “li chiedete solo voi”, “non li darò mai”, “se le cose stanno così non vengo più”»
Già a inizio luglio era sorto lo stesso problema, con «nomi illeggibili, fittizi, e parolacce». Ma la responsabilità è dei gerenti.

BELLINZONA - In tutte le strutture della ristorazione si deve provvedere alla raccolta dei dati degli ospiti. È quanto prevedono, tra le altre cose, le disposizioni cantonali valide in Ticino dal 9 al 30 ottobre, introdotte a seguito del repentino aumento dei casi di Covid-19. Una pratica che era già in vigore nel “periodo caldo” della pandemia (quando bar e ristoranti erano stati riaperti, l’11 maggio) e che serve a un corretto tracciamento dei contatti, ma che sembra non piacere agli avventori.

Bisogna registrare, per almeno una persona al tavolo, cognome, nome, domicilio, numero di telefono, ora di arrivo e di partenza dal locale. Così sono (ri)spuntati fogli e tabelle nei locali della ristorazione del Ticino. Ma spesso ai camerieri spetta lo scomodo compito d'insistere. Ci sono persone, infatti, che non vedono di buon occhio la pratica e cercano in tutti i modi di raggirarla. 

Un rifiuto che mette in difficoltà i gestori. Il decreto del Consiglio di Stato prevede infatti che «il gerente e/o responsabile deve garantire con misure adeguate la correttezza dei dati di contatto rilevati», che «devono essere conservati in forma elettronica suddivisi giornalmente per un periodo di 14 giorni e trasmessi, su richiesta, al medico cantonale entro due ore». Ma come assumersi la responsabilità che i dati forniti dai clienti siano corretti?

«Non possiamo chiedere la carta d’identità a ogni tavolo e verificare con uno “squillo” che il numero di cellulare fornito non sia un "fake" - lamenta un ristoratore -. Non abbiamo tempo. E rischieremmo di perdere dei clienti». Gli fa eco una collega di Biasca: «Da venerdì sera sono molti quelli che ci dicono “siete solo voi a chiedere i dati”, “io non li darò mai”, “se le cose stanno così non vengo più”. Diventa impegnativo dover insistere con tutti e assorbire rabbia e disappunto».

La donna, ad esempio, si è ritrovata questa mattina con uno scarabocchio sul foglio, mentre in un altro caso il numero di telefono era sicuramente falso (mancava una cifra). Una situazione che fa tornare in mente il difficile lavoro di contact tracing, a inizio luglio, presso il Woodstock di Arbedo. «Molti nomi sono illeggibili, fittizi, e qualcuno ha anche scritto parolacce», aveva commentato il medico cantonale.

Ma si tratta di un comportamento che oltre a creare difficoltà a chi lavora nella ristorazione, blocca l’attività del contact tracing e rende difficile fermare la catena dei contagi. E con 212 tamponi risultati positivi al Covid-19 tra lunedì e domenica, la collaborazione nel fornire i propri dati non può che essere percepito come un comportamento responsabile che favorisce il benessere di tutti.

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