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Prima del Gran Consiglio, contro le politiche del DI di Gobbi

LUGANOPrima del Gran Consiglio, contro le politiche del DI di Gobbi

21.09.20 - 13:44
Presidio "antirazzista e per il rispetto dello stato di diritto", a partire dalle 12, davanti al Palazzo dei Congressi
Ti-Press (Francesca Agosta)
Prima del Gran Consiglio, contro le politiche del DI di Gobbi
Presidio "antirazzista e per il rispetto dello stato di diritto", a partire dalle 12, davanti al Palazzo dei Congressi

LUGANO - Il post-estate del Gran Consiglio parte con una polemica. O meglio, l'occasione della prima seduta dopo la pausa è buona per far sentire la propria voce. Così un gruppo di persone si è dato appuntamento oggi davanti al Palazzo dei congressi, a partire da mezzogiorno, per manifestare il proprio dissenso.

L'argomento è ormai noto, se ne parla da settimane. Il 3 settembre la trasmissione Falò della Rsi è andata in onda con un servizio da cui emerge un’applicazione molto restrittiva della legge sulla migrazione, già sollevata in passato anche da Tio/20minuti. Il direttore del Dipartimento delle Istituzioni, Norman Gobbi, aveva affermato di non amare l'attuale Legge sul rilascio dei permessi e di volerla quindi applicare nel modo più restrittivo possibile. 

Per la giornata di oggi è quindi stato organizzato un «presidio antirazzista e per il rispetto dello stato di diritto». «Le politiche del DI, sostenute dal Governo cantonale, hanno sistematizzato una prassi tipica di uno stato di polizia, in totale spregio delle leggi, della giurisprudenza e di tutte le altre garanzie che ogni stato di diritto deve assicurare contro ogni abuso di potere», si legge nella presa di posizione firmata da Forum Alternativo, Giovani Verdi, GISO, MPS, Partito comunista, Partito socialista, Partito operaio e popolare, syndicom, Unia, USS, Verdi e VPOD.

Per i partecipanti al presidio, «la politica con lo scopo di precarizzare sempre di più le lavoratrici e lavoratori, colpendo per primi gli stranieri in modo da renderli più deboli e ricattabili» è «un attacco ai diritti di tutti» che punta ad «alimentare una guerra tra poveri, per indebolire quell'unità necessaria alla difesa degli interessi collettivi». Già nell'ottobre del 2017 centinaia di persone manifestarono a tal proposito. Ma «nulla è cambiato».

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