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CANTONE«Mia madre non può morire così, la porto a casa»

04.09.20 - 06:00
Covid-19: case per anziani ancora blindate. La struggente (ed ennesima) storia di una figlia disperata.
Keystone
«Mia madre non può morire così, la porto a casa»
Covid-19: case per anziani ancora blindate. La struggente (ed ennesima) storia di una figlia disperata.
La scelta drastica: «Virus o non virus, desidero che gli ultimi giorni della sua vita, la mamma li passi in un clima di affetto». Eliano Catelli, presidente dell’ADiCASI: «Attendiamo allentamenti a breve».

BELLINZONA - Tre mesi di totale chiusura. Altri tre mesi di chiusura “parziale”. Con un unico allentamento: la possibilità di una visita settimanale di 45 minuti, con al massimo due famigliari presenti. Tutti gli anziani non autosufficienti hanno vissuto e vivono tuttora così in una casa di riposo del Bellinzonese. A raccontarlo è una donna, disperata per le condizioni critiche della mamma.

Troppa rigidità – Ancora lamentele verso la rigidità anti Covid-19 delle case per anziani. Il medico cantonale ha invitato le direzioni a rispettare le normative e a non esagerare. Questo in vista di nuovi possibili allentamenti. «A me – spiega la nostra interlocutrice – sembra che si stia temporeggiando troppo. Sono settimane che si parla di allentamenti. E non è ancora successo niente».  

Una partenza già in salita – Di recente Tio/20Minuti aveva pubblicato lo sfogo di una donna preoccupata per la nonna. L’articolo ha fatto parecchio discutere. Soprattutto considerando che diversi anziani, a causa dell’isolamento sociale, stanno perdendo capacità cognitive e motorie. «Noi siamo già partiti male – evidenzia la signora del Bellinzonese –. All’inizio di tutta questa storia ho saputo che la casa per anziani era chiusa, praticamente davanti al portone, mentre stavo andando a trovare mia madre, come ogni giorno. Nessuno ci aveva avvisati».   

Sei mesi di vuoto – La nostra testimone fa notare come dopo quattro settimane nessuno si fosse fatto vivo. «A quel punto ho chiamato io. Trascorrevo tante ore con mia mamma nella struttura. Tutti i santi giorni. Uscivamo anche a fare passeggiate. Non so praticamente niente di come ha vissuto in questi 6 mesi. So solo che il suo sguardo ora è spento. Quando vado a trovarla, guarda nel vuoto. Vivere con questa situazione è un’angoscia continua. Mi sento impotente».

Estate spensierata, solo per chi è fuori – La donna rincara la dose, facendo riferimento ai mesi di luglio e di agosto: «Sono state tolte le video chiamate e la telefonata settimanale. Le uscite in giardino sono rimaste limitatissime. Il Ticino ha vissuto, malgrado tutto, una bella estate spensierata. I nostri anziani invece devono stare in queste condizioni? Mi chiedo perché non ci sia un’autorità che si immedesimi per un attimo in queste persone e, mettendosi una mano sul cuore, prenda delle logiche e sane decisioni». 

Cambiamenti insignificanti – Qualche piccolo cambiamento sarebbe dovuto essere introdotto dopo il sollecito di Merlani. Ma non è il caso della signora del Bellinzonese e di sua mamma. «Anzi. Attualmente dobbiamo fissare un appuntamento anche per ricevere lo stato di salute del nostro famigliare. Questo usando le fasce orarie che già rientrano nei 45 minuti di visita settimanali».

La decisione – Straziata dal dolore, la donna è arrivata a una conclusione. «Proteggere gli anziani dal Covid è giusto. Sappiamo tutti che vanno tutelati. Ma farli morire d’altro è altrettanto grave. Mia madre è finita in casa di riposo perché aveva problemi fisici. Già quella per tutta la famiglia è stata una scelta dolorosa. Se dovesse avere ulteriori cedimenti, farò di tutto per riportarla a casa. È un nostro diritto. Covid o non Covid, desidero che gli ultimi giorni della sua vita, mia madre, li passi in un clima di affetto». 

Le conseguenze del virus – Sono giorni di attesa anche per Eliano Catelli, presidente dell'ADiCASI, associazione che raggruppa una cinquantina di direttori di case per anziani. «Aspettiamo a breve la nuova direttiva cantonale, che consentirà finalmente piccoli allentamenti. Siamo tutti consapevoli che la situazione vissuta negli ultimi 6 mesi possa avere generato conseguenze negative ad alcuni residenti e ai loro famigliari. Le direzioni e tutto il personale delle case per anziani hanno fatto e stanno facendo del loro meglio per il benessere dei residenti, garantendo professionalità e umanità».

La sicurezza al 100% non esiste – La voglia di tornare verso una semi-normalità sembra essere molta. Tuttavia, i medici invitano ancora alla prudenza. Catelli cerca di andare oltre. «Dobbiamo anche essere consapevoli del fatto che, pur applicando tutte le attuali e future prescrizioni di sicurezza, il Covid possa comunque entrare nelle case per anziani. La direttiva cantonale in vigore, datata 29 maggio, se applicata correttamente, garantisce ai famigliari contatti settimanali, uscite e attività per i residenti».

Accanimento mediatico e politico – Il problema è che alcune case di riposo applicano queste direttive in maniera troppo rigida. «Le direttive in generale sono rispettate. Ma vanno considerate le diversità organizzative e logistiche presenti nelle singole case per anziani». Catelli si esprime, inoltre, su un altro tema. «L’accanimento mediatico e in parte politico non valorizza le buone pratiche maturate empiricamente, caratterizzanti l’operato delle case per anziani ticinesi. In parallelo lo stesso accanimento ha contribuito a sensibilizzare le autorità e le direzioni nel percorrere vie più sicure e meno veloci».

La quotidianità non può essere così – Catelli chiude tornando al caso della signora del Bellinzonese. «Le tristi situazioni descritte, se confermate, non rappresentano certo la quotidianità vissuta nelle settanta case per anziani ticinesi. È importante che eventuali problemi siano innanzitutto presentati e discussi con la direzione della casa per anziani, in modo da intraprendere un’adeguata azione correttiva».

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