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GAMBAROGNO«Per noi è un dispiacere enorme sparire dopo 168 anni di vita»

01.09.20 - 07:30
Chiude la storica bottega Marnin di Vira. Lo sfogo del titolare Juri Antognini.
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Juri Antognini davanti alla sua storica bottega.
Juri Antognini davanti alla sua storica bottega.
«Per noi è un dispiacere enorme sparire dopo 168 anni di vita»
Chiude la storica bottega Marnin di Vira. Lo sfogo del titolare Juri Antognini.
Se ne va un pezzo di cultura locale. Dopo cinque generazioni, affonda un negozio che a lungo è stato tra i fiori all'occhiello della regione.

VIRA GAMBAROGNO - Sul suo volto, ha la sofferenza di chi ha dovuto prendere una decisione pesante come un macigno. Juri Antognini, 46 anni, titolare della bottega Marnin di Vira Gambarogno, fatica a spiaccicare un sorriso. Anzi, a tratti, ha gli occhi lucidi. Lo storico negozio aperto nel 1852 dai suoi avi, a fine settembre chiuderà i battenti. «È un dispiacere enorme per noi – ammette Juri –. Questa era una delle botteghe più antiche della Svizzera italiana». 

Una lenta agonia – È stata una morte lenta, ma graduale, quella del negozio di Vira. Il 46enne la racconta nei dettagli. «Io sono subentrato tre anni fa, dopo la morte di mio padre Sergio. Per fortuna né lui, né mio nonno Angelo sono stati costretti ad assistere a questa agonia. Dopo cinque generazioni di successo, i conti non tornano più. La gente del posto preferisce fare la spesa altrove, c'è un disinteresse quasi totale, un po' anche da parte della politica. Possiamo contare solo sul turismo, la cui stagione però è legata a pochi mesi all'anno».

Dal pane alla pasticceria – Dapprima è stata fermata la produzione del pane. Poi, lo stop alla pasticceria. «Era rimasta solo la parte degli alimentari, che comunque teneva impiegate tre persone, oltre a me. Qualche settimana fa ci siamo resi conto che non avremmo avuto le forze per affrontare l'autunno e l'inverno. Io tornerò a fare il fisioterapista, ma è brutto constatare che tre persone resteranno senza impiego». 

Le abitudini sono cambiate – Juri ci mostra l'intero edificio. Ci accompagna laggiù dove un tempo c'erano i forni. Dove, stando agli annali dell'epoca, nel 1917 venivano prodotti oltre cinque quintali di pane al giorno. L'atmosfera è surreale. «Non mi va neanche di dare la colpa al Covid-19, come sarebbe facile fare. No, qui siamo di fronte a una svolta importante. Le abitudini della gente sono cambiate, bisogna prenderne atto. In tre anni sotto la mia gestione, ho visto gli incassi sempre in calo. C'è una flessione costante ogni anno. È dura ammetterlo, ma questa realtà va accettata».

Alla ricerca dell'entusiasmo perduto – Da quando Juri ha annunciato la chiusura del suo negozio, nessuno si è fatto avanti come subentrante. E così questa gloriosa superficie rischia di restare inutilizzata. O di trasformarsi, chissà, in banali appartamenti di vacanza. «Noi siamo aperti a tutto. Sperando che arrivi qualcuno con idee ed entusiasmo. Ma per adesso non c'è stata alcuna proposta concreta». 

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