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Quelle 1'400 operazioni in sospeso: «Le stiamo recuperando così»

CANTONEQuelle 1'400 operazioni in sospeso: «Le stiamo recuperando così»

25.06.20 - 06:40
Centinaia di interventi chirurgici “non urgenti” sono stati congelati durante il lockdown. EOC messo a dura prova.
Ti-Press
Quelle 1'400 operazioni in sospeso: «Le stiamo recuperando così»
Centinaia di interventi chirurgici “non urgenti” sono stati congelati durante il lockdown. EOC messo a dura prova.
Paolo Ferrari, capo dell’area medica: «Siamo riusciti a ottimizzare risorse, spazi e tempi. Il Covid ci ha dato un’opportunità e ne faremo tesoro».

BELLINZONA - Ben 1'400 interventi “non urgenti” da recuperare. È quanto si è ritrovato di fronte l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) a partire da fine aprile. Il lockdown dovuto al Covid-19 aveva congelato tutta la cosiddetta chirurgia elettiva. Un blocco che riguardava i mesi di marzo e di aprile. «Al momento – fa notare Paolo Ferrari, capo dell’area medica dell’EOC – siamo riusciti a recuperare oltre un migliaio di interventi».

Come avete proceduto di fronte a questa situazione eccezionale?
«Già da inizio aprile, in previsione di una eventuale ripresa dell’attività chirurgica, abbiamo iniziato a fare le prime pianificazioni, suddividendo gli interventi in attesa in tre categorie, a seconda dell’urgenza. Ricordo comunque che si trattava delle operazioni che non comportavano un pericolo di vita o una determinata sofferenza del paziente».

Quando siete tornati effettivamente in pista?
«Il 27 aprile il Consiglio Federale ha revocato il divieto di eseguire interventi chirurgici elettivi. Ma bisogna calcolare che molti pazienti in attesa, dovevano prima sottoporsi a nuove visite, per stabilire se nel frattempo, durante il lockdown, fosse cambiato il quadro clinico. Quindi in pista siamo tornati dal 4 maggio».

Quali sono state le principali difficoltà?
«In realtà abbiamo assistito a qualcosa di sorprendente. Perché abbiamo pianificato l’uso delle sale operatorie come se avessimo a che fare con un unico ospedale. Non più pensando solo alle singole sedi. Certo, avevamo meno sale operatorie a disposizione, in quanto alcune risorse rimanevano attive presso l’ospedale Covid di Locarno. Ma siamo riusciti a gestire meglio i tempi. Prima magari un medico aveva il martedì come giorno per le operazioni. In questa situazione invece abbiamo assicurato ai medici più flessibilità, ad esempio concedendo a qualcuno la sala operatoria per tre ore al lunedì, poi per altre due al mercoledì, poi per altre tre al venerdì. Insomma, siamo riusciti a fare molte più operazioni in un lasso di tempo più ridotto di quello che riuscivamo a fare prima del Covid».

È una critica indiretta a come eravate organizzati in passato?
«Diciamo che il Covid-19 ci ha dato una nuova opportunità. E ne faremo tesoro. La metà degli interventi accumulati in due mesi è stata smaltita in tre settimane. Non è un dato irrilevante. Considerando che, almeno in una prima fase, l’ospedale di Locarno, adibito a sede Covid, non poteva essere calcolato».

A livello emotivo come avete vissuto questo accumulo di operazioni non effettuate?
«A un certo punto c’è stata un po’ di preoccupazione. In particolare quando si era prossimi all’appiattimento della curva dei contagi, ma in contemporanea si sentiva parlare di una seconda possibile ondata in arrivo a giugno. Ovviamente era nostro dovere poter garantire al maggior numero di pazienti di essere operati in modo tempestivo prima di un’eventuale seconda riduzione delle attività di sala operatoria». 

La tanto temuta seconda ondata del Covid, almeno per ora, non c’è stata.
«E infatti prevediamo di recuperare tutti gli interventi in sospeso a causa del Covid entro la fine di questo mese. Poi valuteremo quali aspetti di questo nuovo modo di procedere continuare ad applicare».    

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