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GRAVESANO«Il mio caschetto anti-virus nato da una capsula di caffè»

15.05.20 - 17:42
Una ventola, sopra la testa, produce una brezza che promette di spazzare via il coronavirus da occhi, bocca e naso
Fonte Cortonesi
Il prototipo del caschetto anti-virus
Il prototipo del caschetto anti-virus
«Il mio caschetto anti-virus nato da una capsula di caffè»
Una ventola, sopra la testa, produce una brezza che promette di spazzare via il coronavirus da occhi, bocca e naso
L'inventore: «La barriera del nostro dispositivo è insormontabile. Manca una certificazione sanitaria, ma spero che le autorità possano in tempi brevi spiegarci come ottenerla».

GRAVESANO - Mascherina sì, mascherina no. Alle discussioni, tuttora in corso, sulla protezione più efficace contro il coronavirus, s’aggiunge adesso una nuova alternativa tutta da esplorare (e certificare): il caschetto anti-virus. L’idea ha già la forma di un prototipo, con tanto di domanda di brevetto industriale depositata, come racconta a Tio/20Minuti l’ingegnere luganese Rivo Cortonesi che del gadget è l’inventore.

Il principio, spiega, è semplice: «Sinora i mezzi di protezione individuale sono stati tutti incentrati sulla difesa “passiva” attraverso sistemi di filtrazione dell’aria respirata». Il sistema “attivo” ideato da Cortonesi, invece, è costituito da un caschetto alla cui sommità un piccolo ventilatore del tipo USB aspira l’aria e la dirige verso il basso lungo una “lama d’aria”. «Una leggera brezza, non disturbante» spiega l’ingegnere, «ma sufficiente per allontanare dagli occhi, dalla bocca e dal naso i virus presenti nell’ambiente circostante. Non serve una bora, visto che un virus pesa un milionesimo di un miliardesimo di grammo».

L’idea nasce da un altro brevetto di Cortonesi, quello delle capsule in acciaio inox Capssana Coffee per le macchinette domestiche da caffé… «Rovesciando una capsula, per associazione di forma, ho pensato ad una protezione coprente fatta d’aria. Un’ispirazione rivelata anche dal nome del caschetto, ribattezzato “Capssana Life”».

La mascherina incontra ancora resistenze. Non sarebbe ancora più arduo convincere la gente a girare con una ventola sul capo?
«Direi di no. Ora ci stiamo occupando del design che dovrebbe mascherare il ventilatore. Ci teniamo all’estetica, ma in questa fase abbiamo privilegiato la parte fluido-dinamica».

Estetica a parte ci sono altri aspetti da migliorare?
«L’altra sfida è quella della rumorosità. Per non perdere tempo abbiamo utilizzato un ventilatore commerciale, ma il settore del rumore è la nostra specialità. Per cui sappiamo come intervenire. Sono aspetti da sviluppare. Sul fatto delle resistenze del pubblico è possibile, ma il caschetto è un accessorio già oggi diffusissimo in molti ambienti di lavoro. Per cui lì non vedo grossi problemi, ma neanche parlando di mobilità visto che i ciclisti già ora lo indossano. Idem nello sport».

L’aria come barriera impenetrabile da parte del virus. Può in qualche modo certificarlo? Per non vendere aria...
«Non è un ostacolo, quello della certificazione sanitaria, che riguarderà l’efficacia del dispositivo. L’aerosol ha un’energia cinetica tanto bassa che la brezza conica sarà una barriera insormontabile».

D’accordo, ma come pensate di ottenere la certificazione sanitaria?
«Per noi è decisiva innanzitutto per un fatto di onestà verso i clienti. Ma anche di sicurezza economica, perché se uno compra il caschetto e poi per mille ragioni resta contagiato dal virus vorremmo avere, per tutelare l'azienda, una certificazione di efficacia del nostro caschetto. La nostra speranza è che le autorità sanitarie, eventualmente interessate a questo prodotto, possano darci in tempi brevi una risposta al suo quesito. Anzi, a chiunque può fornirmi informazioni su questo aspetto lascio la mia email info@capssana.ch». 

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