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Tante aziende in bilico, dopo il Covid-19 sarà crisi nera?

CANTONETante aziende in bilico, dopo il Covid-19 sarà crisi nera?

09.04.20 - 07:03
L’economista Sergio Rossi: «Diversi imprenditori non riescono più a pagare i propri fornitori. È un effetto a catena»
Ti-Press
Tante aziende in bilico, dopo il Covid-19 sarà crisi nera?
L’economista Sergio Rossi: «Diversi imprenditori non riescono più a pagare i propri fornitori. È un effetto a catena»
Possibile "caccia ai ricchi": «A chi ha un patrimonio superiore a una certa soglia, si dovrebbe chiedere un contributo extra per finanziare la spesa pubblica, che aumenterà notevolmente».

Un altro mese così non lo reggo. È una frase che sempre più piccoli e medi imprenditori della Svizzera italiana stanno ripetendo. Dietro al dramma del nuovo coronavirus, si nascondono anche storie di ordinaria disperazione economica. «È un effetto a catena – precisa Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia e di economia monetaria all’Università di Friburgo​ –. Tante imprese non riescono, al momento, a pagare i propri fornitori. Questi fornitori, a loro volta, saranno in difficoltà a pagare i rispettivi dipendenti, i quali non avranno liquidità per le spese quotidiane, prima di ricevere le indennità per lavoro ridotto».

La Confederazione ha promesso oltre 60 miliardi di franchi per aiutare l’economia. Basteranno?
«Tra le misure già messe in atto, l’unica davvero rilevante riguarda l’indennità per lavoro ridotto o per perdita di guadagno, nel caso degli indipendenti. A tal proposito complessivamente sono stati stanziati finora solo 8 miliardi».

Il resto?
«È denaro che la Confederazione userebbe nel caso un’impresa non riuscisse a fare fronte ai propri impegni con le banche. È un indennizzo alle banche. Che non escluderebbe comunque il possibile fallimento dell’impresa coinvolta».

Qualche settimana fa le dichiarazioni di Hans Hess, presidente dell’industria metalmeccanica svizzera (Swissmem), hanno fatto discutere. Cosa ne pensa?
«Si mette il profitto prima della salute. Sono state parole scandalose. Ma non mi hanno sorpreso. Da 30 anni le scelte economiche in Svizzera sono dettate da questa visione».

Non si potrà tenere chiuso tutto in eterno, però. In tanti aspettano la data del 26 aprile per capire quali saranno le nuove indicazioni da Berna.
«Io non sono in grado di indicare la data esatta in cui tutto potrà riprendere. Però è un dato di fatto che lo si dovrà fare. In maniera graduale. Altrimenti avremo un altro grosso problema, quello dell’aumento della povertà». 

Lo Stato non potrebbe già fare qualcosa adesso?
«Potrebbe annunciare delle misure di sostegno per i casi più gravi. A livello morale sarebbe importante sentirselo dire sia per i consumatori, sia per gli imprenditori». 

Parlare di soldi, allo stato attuale delle cose, è ancora fuori luogo?
«No. Dobbiamo guardare avanti. Avremo un’economia più fragile. Molte persone che finora appartenevano al ceto medio rischiano di scivolare nella povertà».

Come si può fare fronte a uno scenario simile?
«Mi aspetto un cambio di paradigma da parte delle imprese che avevano dislocato, magari lontano, e per risparmiare, la loro produzione. Che ritornino in patria. E poi, poco tempo fa, io ho lanciato una mia proposta...»

Vale a dire?
«Lo Stato potrebbe rifarsi sui grandi patrimoni. Su chi guadagna o possiede tanto. A chi ha un patrimonio superiore a una certa soglia, si dovrebbe chiedere un contributo extra per finanziare la spesa pubblica, che aumenterà notevolmente a causa del Covid-19».

Una volta che riaprirà la frontiera con l’Italia si teme che molti ticinesi, impoveriti, vadano a spendere i loro soldi “dove costa meno”…
«Anche qui le autorità devono essere lungimiranti. Con, ad esempio, sussidi ai consumatori meno abbienti che dimostrano di avere speso in Ticino. Misure transitorie che ci aiutino a ritrovare una certa stabilità economica».

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