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LUGANOCoronavirus, il racconto di una famiglia ticinese

30.03.20 - 07:02
Il diario scritto durante la quarantena: una famiglia bellinzonese contagiata, un 72enne intubato alla Carità
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Foto d'archivio
Foto d'archivio
Coronavirus, il racconto di una famiglia ticinese
Il diario scritto durante la quarantena: una famiglia bellinzonese contagiata, un 72enne intubato alla Carità

LUGANO - Un diario scritto nello scantinato, per sfuggire al contagio. Capita anche questo in Ticino, ai tempi del Covid-19. In una casa del Luganese il virus è comparso a inizio marzo - uno dei primi casi - e ha colpito due coniugi ultra sessantenni. «Un vero incubo» che dura tuttora: uno di loro è tra i 59 pazienti intubati in Ticino.

Isolata in cantina - A raccontare la malattia e la sua drammatica evoluzione è la figlia della coppia, che ha trascorso le ultime settimane in auto-isolamento domestico. Una soluzione fai-da-te di cui, per quanto strana, si trovano probabilmente diversi esempi in Ticino. La giovane - 25enne - si è isolata nella cantina dell'abitazione durante la quarantena. Qui ha scritto un resoconto giorno per giorno di quanto accadeva alla famiglia.

«Abbiamo commesso errori» - Il "diario" è in realtà un foglio excel, che la donna trasmesso a tio.ch/20minuti (vedi sotto). «Spero possa essere utile ad altre persone a cui potrebbe capitare la stessa sventura» racconta la giovane, che chiede comprensibilmente l'anonimato. «Siamo stati tra le prime famiglie toccate, e probabilmente abbiamo commesso alcuni errori. Abbiamo cercato, in ogni caso, di fare del nostro meglio come anche il personale medico che ci ha assistito».

Il virus da un conoscente - La catena dei contagi inizia a fine febbraio. Nell'ultima settimana del mese la signora B* - 63 anni, senza patologie pregresse - contrae il virus da un conoscente che risulterà positivo in seguito (e nel frattempo è guarito senza ricovero). Mostra i primi sintomi il 29 febbraio. «Mia madre ha sviluppato febbre e tosse, ed è immediatamente rimasta a casa dal lavoro» racconta la figlia. «Solo due giorni dopo, però, si è sottoposta al test del tampone». Un intervallo dovuto «un po' alla paura, un po' al fatto che in quella fase i contagiati in Ticino erano davvero pochissimi e i sintomi molto lievi» racconta la figlia. «Abbiamo sottovalutato la situazione». 

La catena continua - Il 3 marzo arriva l'esito del test: positivo. Da quel momento la famiglia si barrica in casa. Purtroppo due giorni prima il signor B. ha incontrato degli amici, uno di questi risulterà a sua volta contagiato ma, per fortuna, con conseguenze non gravi. A pagare il prezzo più alto è invece proprio il signor B. Ha 75 anni e una buona salute, ma mentre la figlia si isola in cantina, lui continua a condividere gli spazi con la moglie. 

Il pericolo in casa - «Vedendo i sintomi lievi di lei, ha pensato di non rischiare molto» racconta oggi la figlia. «In ogni caso abbiamo osservato tutti le raccomandazioni dateci dai medici all'epoca: pranzi separati, distanze di sicurezza». Solo la signora B. però indossa una mascherina (FFP1) datagli dal medico di base. «Personalmente, credo che il protocollo nella nostra situazione sia stato insufficiente». 

Intubato a La Carità - Dopo alcuni giorni il signor B. mostra sintomi allarmanti. Febbre alta, tosse, ha un peggioramento. Viene ricoverato alla Carità dove sviluppa la polmonite, che degenera velocemente. Il 16 marzo viene messo in coma farmacologico e intubato. Da allora le sue condizioni «sembrano essere stabili» racconta la figlia. «Nel frattempo mia madre è guarita, e stiamo riprendendo le abitudini normali».

L'attesa e la speranza - Da venerdì la 25enne è tornata a vivere assieme alla madre. Continua ad aggiornare il diario, che ha iniziato a scrivere «quando mio padre ha iniziato a degenerare» spiega. «Non sappiamo come andrà a finire, e voglio che rimanga una traccia di quanto accaduto». Un pensiero e un appello vanno anche alla comunità. «Credo personalmente che questa emergenza sia stata sottovalutata» conclude la 25enne. «Vorrei che la nostra esperienza fosse da monito, per tutti». 

Dal diario della quarantena:

29 febbraio: «Mia madre inizia ad avere sintomi influenzali lievi»

1 marzo: «I sintomi influenzali peggiorano, mia madre ha febbre non alta e resta a casa dal lavoro. Per paura di un giudizio o di non poter tornare al lavoro, decide di non chiamare subito il medico per un tampone; in quei giorni la malattia non era ancora molto diffusa».

3 marzo: «Io e mio padre convinciamo mia madre ad andare dal medico, per la nostra salute, così sul mezzogiorno fa un tampone e alla sera sappiamo che risulta positiva al COVID-19».

4 marzo: «In giornata non siamo stati contattati dal medico cantonale per avere indicazioni su cosa fare. Non presentando sintomi, mio padre è uscito con degli amici, mentre io per non ammalarmi ho iniziato a rifugiarmi in cantina nella casa dei miei, per stare lontana il più possibile da mia madre, ho avvisato subito il mio capo e ho iniziato a lavorare da casa. Alla sera ci contatta il medico cantonale, dicendoci di restare in quarantena».

5 marzo: «In tutti questi giorni sono rimasta in cantina e ho sempre fatto attenzione ad evitare mia madre, abbiamo iniziato a mangiare separatamente. Purtroppo mio padre non è riuscito a essere così prudente, anche perché vedendo in che modo fosse leggera la malattia per mia madre, non si è spaventato molto».

6 marzo: «Mio padre inizia ad avere febbre e tosse forte; ha chiamato il medico che gli ha riferito che sicuramente si trattava di COVID-19, non potevano fargli un tampone». 

8 marzo: «Mio padre inizia ad avere problemi di pressione bassa a causa della febbre».

9 marzo: «A metà mattina mio padre ha avuto dei sintomi di disidratazione ed è stato male, è stata chiamata l'ambulanza che l'ha portato immediatamente all'ospedale La Carità di Locarno».

13 marzo: «Ha ricevuto delle cure con antibiotici che sembrano non aver funzionato; la malattia si sviluppa ulteriormente ed ha una forte polmonite. In questo giorno, fa fatica a parlare e a respirare».

14 marzo: «La situazione è nuovamente peggiorata e i valori dell'infezioni sono aumentati molto in poco tempo: i medici decidono di portarlo in cure intense unicamente allo scopo di poterlo monitorare minuto per minuto. Dopo mezz'ora richiamano e ci riferiscono che l'avrebbero intubato da lì a poco. La situazione diventa molto delicata.  A partire da questo momento, la sera, viene intubato e addormentato ed i medici ci chiameranno per degli aggiornamenti ogni giorno, tra le 14:00 e le 16:00».

15 marzo: «È il primo giorno di ventilazione: i medici sono abbastanza soddisfatti di come reagisce al macchinario».

17 marzo: «I medici continuano ad essere soddisfatti dei risultati, hanno provato a togliere un po' di ossigeno e i polmoni compensavano molto bene».

18 marzo: «I medici sono sempre contenti dei risultati, è uno dei pazienti che reagisce meglio e continuano a togliere ogni giorno sempre più ossigeno per osservarne il comportamento. Tra pochi giorni dovrebbe arrivare un farmaco molto efficiente contro il COVID-19 dall'America, prevedono di riceverlo lunedì. Non possono purtroppo sapere lo stato dell'infezione in quanto finché resta intubato, non hanno la possibilità di fare radiografie e osservare i polmoni».

* nome noto alla redazione

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