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CANTONEBraccio di ferro con la cassa malati per il latte in polvere

16.03.20 - 09:49
Parlano i genitori di un bambino che soffre di un'allergia che causa importanti episodi di vomito e diarrea
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Braccio di ferro con la cassa malati per il latte in polvere
Parlano i genitori di un bambino che soffre di un'allergia che causa importanti episodi di vomito e diarrea

LUGANO - «Non abbiamo alternative: nostro figlio ha bisogno del latte in polvere, ma la cassa malati non lo vuole più rimborsare». È il lamento di Jennifer e Moreno, due genitori del Luganese che da diverse settimane stanno portando avanti un braccio di ferro con l’assicurazione Intras. Il prodotto era infatti coperto fino al compimento di un anno. Ora il piccolo Matteo ha tredici mesi. Ma i disturbi di cui soffre non sono ancora spariti.

Si tratta di importanti episodi di vomito e diarrea, dovuti non a una semplice intolleranza al lattosio ma a un’enterocolite indotta dalle proteine del latte vaccino. E anche da altri alimenti «quali carni e pesci» come si evince da uno scritto del medico allergologo indirizzato alla cassa malati. Da qui la necessità, per il bambino, di assumere l’alimento per lattanti Milupa Aptamil Pregomin AS almeno per altri sei mesi. Prezzo di listino: 69 franchi per una confezione sufficiente per soli due giorni. Per un mese si parla quindi di una spesa di circa seicento franchi.

La proroga negata - All’assicurazione è stata allora chiesta una proroga della copertura delle spese sostenute per l’acquisto del prodotto fino al prossimo luglio. Ma Intras non ci sta: «Per poter garantire la parità di trattamento di tutte le persone assicurate, dobbiamo purtroppo confermare che rifiutiamo la presa a carico dei costi di Milupa Aptamil Pregomin AS oltre il 12esimo mese di età». Nessuna eccezione sarebbe possibile. Un portavoce del gruppo assicurativo CSS, di cui fa parte Intras, ci fa sapere che «l’assunzione legale dei costi» per il prodotto in questione «è vincolata da una limitazione».

L'allergologo: «Non c'è alternativa» - L’allergologo ha tuttavia documentato la mancanza di alternative, parlando di «rischio fortemente aumentato» di sviluppare altre intolleranze. E ritiene controindicato un passaggio ai classici latti di soia e di cereali: «Soia e riso sono attualmente al secondo e terzo posto delle cause di enterocolite». La questione è stata riesaminata dall’assicurazione, che ha però ribadito il “no”. «Non si tratta di un farmaco vitale - scrive Intras - e l’alimentazione di un lattante a partire dal primo anno di età può di regola essere cambiata con una corrispondente dieta a basso contenuto di lattosio». E aggiunge: «Non sussiste né una malattia che può avere esito letale né esiste una minaccia di una malattia cronica invalidante se si evitano le cause scatenanti l’intolleranza».

L'intervento dell'avvocato - Tra le parti era entrato in gioco anche un avvocato, a sostegno della famiglia. In uno scritto alla cassa malati, il legale sottolineava a sua volta che la copertura dei costi dopo i dodici mesi di vita è possibile se non vi è altro trattamento omologato efficace. Così come in questo caso. Pertanto l’eccezione andrebbe concessa, perlomeno fino a luglio 2020, «momento in cui verrà tentata la somministrazione del latte vaccino sotto sorveglianza». Ma non c’è stato nulla da fare.

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