Giovani che se ne fregano. Che danno la mano a chiunque. Che si sentono invincibili. La testimonianza choc di un 50enne
L’appello del medico Franco Denti e di Marco Galli, capo dell’Ufficio cantonale dei giovani: «Più responsabilità»
BELLINZONA - "Chi se ne frega del coronavirus. Io a ballare ci vado lo stesso”. E ancora: “La mano la do comunque. Tanto la malattia colpisce solo i vecchi e i deboli”. Oppure: “Esagerazioni mediatiche. Ogni anno nel mondo muoiono centinaia di persone per influenza. E nessuno dice niente”. Frasi di ordinaria follia esclamate a gran voce da diversi ragazzi ticinesi di recente. Diverse le segnalazioni giunte alla redazione di Tio/20Minuti. Molti teenagers della Svizzera italiana sembrano non avere ancora recepito il messaggio delle autorità sanitarie.
Fatti gli affari tuoi – Mentre l’Italia è blindata e mentre arriva anche il primo morto ticinese per il nuovo coronavirus (tre in totale a livello svizzero), c’è chi continua a fregarsene altamente. Un caso emblematico si è verificato su un treno che collega Bellinzona a Locarno. Lo racconta un uomo sulla cinquantina. «Ho visto due giovani pomiciare allegramente. Il treno era pieno di gente. Accanto a loro, altri ragazzi che tossivano, e che si davano tranquillamente la mano. Da persona adulta, mi sono semplicemente fatto avanti, cercando di fare capire loro che forse quello che stavano facendo era un po’ inadeguato vista la situazione. Sono stato letteralmente invitato a farmi i fatti miei».
Il problema sta alla radice – «Vorrei che i giovani mettessero in questa lotta al nuovo coronavirus, lo stesso ardore che lo scorso anno avevano messo per le questioni ambientali – sostiene Franco Denti, presidente dell’Ordine dei medici ticinesi –. Il vero problema è che il nuovo coronavirus inizialmente è stato presentato come un male che colpisce solo gli anziani. Oggi sappiamo che non è così. Nessuno è immune. Chiaro, un giovane forse può guarire più in fretta. Ma deve avere la responsabilità di non attaccare il virus alle persone potenzialmente più deboli. Responsabilità deve essere la parola d’ordine».
Giovani recettivi – «Non si tratta di puntare il dito verso i teenagers – fa notare Marco Galli, capo dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani –. Otterremmo l'effetto contrario. L’importante è che ricevano dagli adulti parole franche d'incoraggiamento e di responsabilizzazione. I giovani sono spesso molto ricettivi ai messaggi di prevenzione e di buone pratiche da rispettare».
Una soluzione dai social – Insomma, Galli dà piena fiducia alle nuove generazioni. «Dobbiamo fare comprendere loro che bisogna limitare i contatti allo stretto necessario, evitando situazioni di sovraffollamento. L'appello al rispetto della giusta distanza sociale deve valere per tutti, ma ciò non corrisponde ancora e per fortuna al divieto di baciare, in caso di assenza di sintomi, il proprio compagno o compagna. Diciamo che i tanto vituperati social media adesso vengono in nostro soccorso: usiamoli per mantenere i contatti e per le dimostrazioni d' affetto. A distanza di sicurezza».
Ognuno di noi può fare qualcosa – Denti conclude: «Si sta sempre più parlando di pandemia. I giovani sono spensierati. Forse non ci pensano abbastanza. Però sono anche intelligenti. Il mio appello è rivolto a loro. Ognuno di noi, indipendentemente dall’età, può fare qualcosa in questo momento così delicato».