L’architetto commenta favorevolmente l'annunciata conversione della banca, da lui progettata, in spazio pubblico. E sul futuro uso del Casinò di Campione dice: «Quello è un mistero»
LUGANO - «La vita delle banche è molto più corta di quella degli uomini. E anche degli edifici». È con un misto di filosofia e soddisfazione che Mario Botta commenta l'annunciata conversione d’uso di una delle sue creazioni. La decisione del Consiglio di Stato di acquistare il palazzo EFG in viale Stefano Franscini, a Lugano, per farne il nuovo Palazzo di giustizia è vista con favore dall’architetto.
«Per me - dice Mario Botta - è una miglioria, perché diventa uno spazio pubblico, un edificio istituzionale. Quando me l’hanno chiesto, all’inizio, ho detto che era più che compatibile visto che per lo più hanno bisogno di uffici. L’uso è dunque conforme».
Si presta anche l’estetica dell’edificio in sé, concepito esteriormente come banca?
«No, è stato pensato come palazzo di uffici. Poteva entrarci bene, per dire, anche la Posta. Del resto, già in principio, dei quattro blocchi uno era galleria d’arte, l’altro era ristorante… Le quattro unità avevano già delle destinazioni differenziate».
Dunque nessuno stupore?
«La conversione d’uso è parte della vita di un edificio. Tutte le architetture campano più degli uomini e questa è una costante. Le usiamo nella storia e nel tempo come non erano state pensate. Non bisogna stupirsi, fa parte della storia dell’architettura».
L’ex Banca del Gottardo ha cambiato forse più di altre...
«È stata venduta cinque o sei volte. Dico la verità, non saprei più nemmeno come chiamarla. Quando finisce nei libri mi chiedono talvolta un suggerimento....».
Ci sono altri aspetti positivi nel cambiamento annunciato?
«Sottolineerei il fatto che la città ci guadagna. Guai se diventasse solo una struttura strettamente privata».
Lugano, dal punto di vista architettonico, quali problemi ha?
«Lugano oggi muore perché non ha abitazioni in centro. Bisogna riimmettere quelle che sono state levate dagli anni ‘70 in avanti. Soprattutto nel centro storico, che è stato svuotato, se pensiamo a quanti palazzi sono stati modificati in uffici».
Un altro suo edificio, la casa da gioco di Campione, potrebbe avere in futuro altre destinazioni. Lei cosa ci vedrebbe?
«Quello è un mistero. Hanno impiegato vent’anni per realizzarlo e ogni amministrazione, ben sette con votazioni unanimi pubbliche, faceva nuove richieste all’architetto. Non so che destino potrà avere».
Tra tutti i suoi edifici pubblici ne ricorda uno, in particolare, che ha mutato l’utilizzo?
«Edifici pubblici in realtà ne ho progettati molto pochi. A Lugano, tranne la pensilina, per la Città non ho mai fatto nulla. Un esempio positivo di cambiamento è la Biblioteca dei frati, nata per una comunità chiusa, e poi trasformata in biblioteca pubblica e spazio espositivo grazie ad un’associazione che ne fa un buon uso».
In conclusione la conversione dimostra la bontà di una costruzione?
«Direi che questa è un po’ la forza di tutti gli edifici. Se sono di qualità ancora meglio, comunque è giusto che una costruzione viva al di là della vita temporale che ci è data».