La 28enne ticinese Brigitte Rajendram sta vivendo un'avventura d'altri tempi nella foresta birmana, assieme a Medici Senza Frontiere. Il racconto
MENDRISIO/NAYPYIDAW - Brigitte dorme vicino al fuoco, per terra. Si lava a una sorgente d'acqua nella foresta. Viaggia su una motocicletta Yamaha tra i monti scoscesi del Naga, in Birmania, per raggiungere villaggi sperduti a 4-5 ore l'uno dall'altro. Il sentiero è una gincana, a volte per traversare un fiume bisogna caricare la Yamaha su una zattera. Ma a lei piace da matti.
«Non rimpiango le comodità della vita in Svizzera» dice, collegandosi via Skype con Tio/20minuti a 8mila km di distanza. La giovane 28enne momò è partita a settembre in missione con Medici senza frontiere (MSF), e tornerà in Ticino a febbraio. Un viaggio iniziato anni fa, che l'ha portata dal liceo di Mendrisio allo Sri-Lanka, terra d'origine dei genitori. Poi a Ginevra a lavorare per MSF. Infine in Birmania come promotrice sanitaria, in una delle regioni più selvagge del paese.
«Qui sembra di essere in un'altra epoca, le tribù conducono uno stile di vita ancestrale, i paesaggi sono autentici e incontaminati» racconta. La missione non è delle più comode. La Birmania è funestata dal 2016 dai conflitti etnici - la crisi dei rifugiati Rohingya - e anche se nella regione di Naga non ci sono scontri, le condizioni di vita sono al limite. «Le comunità in questi villaggi remoti abitano in capanne di bambù, vivono di caccia e agricoltura di sussistenza» descrive Brigitte. «La scarsa ventilazione nelle abitazioni, il difficile accesso all’acqua potabile e le conseguenti condizioni igieniche, causano diverse malattie».
I dottori di Medici senza frontiere sono arrivati qui tre anni fa. Dalla loro base a Lahe, un paesino a 1000 metri di altitudine, fanno spedizioni sanitarie in 15 villaggi arroccati nella foresta. «Tubercolosi, bronco-pneumopatia cronica ostruttiva, problemi dermatologici sono le malattie più osservate» spiega Brigitte, che coordina le azioni di sensibilizzazione alla popolazione locale.
«Il mio compito è informare le comunità sui sintomi delle malattie e le possibili cure, motivarli a scegliere uno stile di vita sano e consapevole, cercando di modificare certe abitudini rischiose per la loro salute». Non solo. Msf nella regione di Naga sta creando veri e propri presidi stabili, formando dei "medici di villaggio" in ogni tribù. «L'obiettivo è creare una rete di operatori sanitari indigeni, che possano somministrare autonomamente le cure di base ai compaesani» spiega Brigitte. «Parliamo di una zona dove occorre affrontare viaggi lunghi e disagevoli per raggiungere l'ospedale più vicino».
Per la 28enne ticinese è un lavoro «del tutto nuovo» e ci ha messo un po' ad abituarsi. «All'inizio mi sono sentita spaesata. Disorientata. Catapultata in un contesto diversissimo, lontano dai cari, nella stagione delle piogge!» ricorda. Ma ci ha fatto il callo: la vita comunitaria le piace. «Quando arriviamo nei villaggi, con le nostre motociclette, la gente ci accoglie con calore e curiosità. Ci offrono cibo e ospitalità, sono fantastici».
Per questo Natale in mezzo alla giungla, Brigitte non chiede molto: un mondo migliore. «Aiutare il prossimo» è il suo progetto per il futuro, quando la missione finirà e tornerà in Svizzera. Come? Deve pensarci su. Chiude la chiamata su Skype. Si rigira nel sacco a pelo davanti al fuoco, sotto le stelle dell'Asia, e si addormenta.