Solo il 15-16% degli studenti svizzeri si cimenta nella mobilità studentesca. Supsi e Movetia spiegano perché è importante il viaggio di studio che ora può essere anche virtuale
LUGANO - Viaggiare per studiare, ma anche non viaggiare per essere coerenti con l’impegno contro la crisi climatica. Il tema era tra quelli, molti, affrontati giovedì e venerdì al Conservatorio della Svizzera italiana, dove si è parlato di mobilità studentesca e futuro dell’internazionalizzazione dell’istruzione superiore. L’incontro offerto dall’agenzia nazionale Movetia (promotrice di scambi e mobilità nella formazione), è stato organizzato in collaborazione con l’International Office della Supsi. Ne abbiamo parlato con Amanda Crameri, responsabile dell’istruzione superiore a Movetia.
Come si risolve questa contraddizione apparente?
«Non solo gli studenti sono davanti a una scelta... Ma anche gli istituti di istruzione superiore si trovano a dover armonizzare due strategie. Una è quella di aumentare il numero degli studenti di mobilità, l’altra è di diminuire il loro impatto in termini di emissioni di CO2. Ambedue sono obiettivi strategici».
E quindi?
«Una possibilità, prerogativa di un Paese che è al centro dell’Europa, è quella di raggiungere le destinazioni di studio in treno. Soprattutto se si parte per più mesi. Questo però ha bisogno di chiari incentivi anche a livello federale. Bisogna sostenere i costi di questa mobilità e poi sensibilizzare sulla scelta che si fa».
Quanto è importante, invece, la mobilità virtuale? A che condizioni è un arricchimento?
«La classica mobilità del semestre o dell’anno non verrà sostituita dalla digitalizzazione. Non è questo che vogliamo. Ma occorre trovare altri modi per rendere accessibili i programmi di mobilità agli studenti che mobili non sono ancora. In Svizzera abbiamo una quota di studenti mobili del 15-16%, ciò significa che la maggioranza non ha questa esperienza internazionale. La digitalizzazione può servire ad aprire le porte, per i primi scambi, che precedono poi la partenza vera e propria».
Quali sono le mete di studio preferite dagli studenti svizzeri?
«Dal 2014, dopo la dis-associazione dal programma Erasmus Plus, è attivo lo Swiss-European Mobility Programme con cui sosteniamo lo scambio nei Paesi europei. Tra questi i più ambiti sono Germania, Francia, molto la Spagna, ma anche il Belgio e l’Olanda sono assai gettonati. Ovviamente l’Italia. E poi molti scelgono il Regno Unito e i Paesi scandinavi».
Cambiano le scelte se parliamo solo di studenti ticinesi? Sono di più o meno?
«No, le scelte sono le medesime indipendentemente dalle regioni linguistiche di provenienza. Come per il resto della Svizzera, occorre aumentare questi numeri. Anche perché quella che chiamiamo internazionalizzazione, che può tradursi nella mobilità studentesca o nella cooperazione tra istituzioni, serve a formare ed educare i lavoratori di un mondo futuro globalizzato. Quindi questa esperienza internazionale è importantissima».
Che arricchimento dà la mobilità negli studi?
«È un’esperienza che apre l’orizzonte, la mente ed è anche un soggiorno linguistico. Prepara a quei lavori del futuro che non conosciamo ancora. A questo serve la mobilità studentesca».
In un passato nemmeno remoto erano sorte preoccupazioni sulla partecipazione della Svizzera alla comunità studentesca europea. Qual è la situazione odierna?
«Al momento la situazione è ancora molto incerta, perché la prossima generazione del programma Erasmus Plus comincia nel 2021 e purtroppo non sappiamo ancora se la Svizzera potrà partecipare. Questo pone dei problemi per gli istituti che hanno bisogno di collaborare secondo lo stesso schema e le stesse regole».
Cosa direbbe ai giovani restii a partire?
«Consiglio a tutti gli studenti svizzeri di fare questa esperienza di mobilità per conoscere un orizzonte europeo. È qualcosa di molto importante e prezioso da includere nel loro percorso di studi».
Un consiglio che è condiviso dalla coordinatrice dell’evento, Annick Catella, dell’International Office della Supsi. Partire non ha prezzo? «La mobilità costa, ma è un costo che diventa relativo rispetto all’esperienza che uno studente acquisce. Un’esperienza unica che fa crescere. Non dimentichiamo inoltre che al momento di cercare un lavoro, di fronte allo stesso tipo di curriculum, verrà preferito chi ha fatto un’esperienza all’estero».