Paolo Bernasconi mette in guardia contro la mancanza di polso contro il crimine organizzato. La Fedpol conferma: «È una realtà e spesso viene sottovalutata»
GRONO - La mafia italiana non risparmia la Svizzera. È un argomento che periodicamente viene affrontato, ma poco dopo viene accantonato in un cassetto. Ad affrontarlo, questa volta, è la Südostschweiz che pone l’attenzione in particolare sui Grigioni.
Se un tempo la presenza della criminalità organizzata si faceva sentire principalmente in Ticino, infatti, pare che ora lo spazio d’interesse si sia spostato più a nord. Il Moesano, in particolare, sarebbe diventato territorio fertile per le società bucalettere, cioè aventi sede legale nei Grigioni ma di fatto amministrate altrove, spesso nel nostro cantone. Se l’intera Mesolcina conta 8’000 abitanti, sono 1’600 le aziende registrate.
«È noto che molte società bucalettere vengono create per coprire malefatte, in particolare il riciclaggio di denaro», ha confermato al giornale Paolo Bernasconi, ex procuratore pubblico ticinese e per anni attivo nella lotta alle mafie e ai loro traffici illeciti. Nel 2014 il Ticino ha inasprito i controlli per le iscrizioni al registro di commercio e il rilascio di permessi B agli stranieri, i malavitosi hanno quindi scelto di spostarsi in Mesolcina (o in Calanca) per sfruttare un sistema di controlli “meno rigido”.
Già a ottobre del 2017 a Roveredo l’ex commissario di polizia Fausto Cattaneo aveva presentato le sue indagini sul quella che aveva definito “Mesolcina connection”, parlando di controlli insufficienti che consentono ad alcuni soggetti di continuare indisturbati a curare i loro affari nei Grigioni. Anche l’avvocato Bernasconi è preoccupato che contro le infiltrazioni mafiose sul suolo svizzero si utilizzi un sistema di protezione e di difesa troppo debole, facilitando il proliferare di attività criminali.
L’ufficio federale di polizia (Fedpol) ha confermato a Radio Südostschweiz che la mafia è molto attiva in Svizzera. «Si tratta di una realtà sul nostro territorio, anche nei Grigioni», ha detto la portavoce Anne-Florence Débois. E ha ammesso che la forza delle organizzazioni mafiose è stata per lungo tempo sottovalutata. Il Ministero pubblico grigionese non ha saputo fornire dati in merito alla presenza mafiosa nel cantone. Tantopiù che il reato “mafia” non è contemplato. Per il procuratore è quindi impossibile presentare dei dati statistici. E la polizia cantonale non è a conoscenza di personalità riconosciute come mafiose su territorio italiano che risiedono nei Grigioni, secondo quanto riferisce ancora la radio.
Ma è proprio l'atteggiamento delle autorità a impensierire l’avvocato Bernasconi, che gli attribuisce una delle ragioni per cui il fenomeno mafioso si è stabilito al nord. Recentemente anche la giornalista indipendente Madeleine Rossi ha realizzato un rapporto di quasi cento pagine sulla ‘ndrangheta in Svizzera. «L’ex procuratore Pietro Grasso mi diceva “in Svizzera siete ciechi, dovete stare attenti, alzare il livello di guardia”», aveva ribadito in un’intervista.
A giugno di due anni fa il granconsigliere mesolcinese Hans Peter Wellig aveva presentato al Governo un’interpellanza definendo il Moesano «un El Dorado per società bucalettere» dopo che il Corriere della Sera aveva segnalato a Leggia la presenza di esponenti di famiglie della ‘ndrangheta calabrese. Un anno dopo il Consiglio federale, rispondendo a un’interpellanza di Giovanni Merlini, aveva stabilito che spetta alle autorità di ogni Cantone controllare le iscrizioni al registro di commercio ed eventualmente intervenire quando vi è il sospetto di trovarsi di fronte a una società finanziaria "ombra" o "bucalettere" che agisce in modo opaco oppure non rispetta determinati obblighi». La scorsa settimana anche il programma di Rai 3 Agorà ha raggiunto Rossa, Grono e San Vittore alla ricerca di società presenti sulla carta ma di cui fisicamente non ha trovato traccia.