Don Angelo Treccani fa il missionario in un paese allo sbando: serve più di mille pasti al giorno ai bisognosi, grazie alla generosità ticinese
CARACAS - Don Angelo Treccani. Semplicemente “padre” per tutti quelli che a El Socorro (villaggio a sei ore di macchina dalla capitale Caracas) lo adorano. Per il suo spirito e soprattutto per quanto è riuscito a fare dal suo arrivo nel 1983. Oggi, don Angelo dirige un'autentica azienda del cuore che aiuta la popolazione in questa odissea, dove denutrizione e depressione hanno abbassato addirittura di 10 chili il peso medio dei venezuelani.
La situazione è così disastrosa, don Treccani?
Spaventosa a tutti i livelli. Il paese ha infatti abbandonato le terre, da sempre risorsa vitale, quando c'è stato il boom del petrolio. I governi Chavez e Maduro hanno polverizzato milioni
E la popolazione?
Una tragedia. Cibo, medicine, luce, elettricità, benzina, tutto scarseggia. I bambini non vanno più a scuola perché i loro genitori non hanno più soldi, le scuole sono chiuse, la cultura è cancellata. Dei 30 milioni di venezuelani presenti nel paese fino a qualche tempo fa, oltre cinque milioni sono emigrati a causa della miseria. La paga media a Caracas è di 2 dollari al mese, un chilo di zucchero o un chilo di riso costano un dollaro. Impossibile vivere a queste condizioni.
Il tasso di criminalità sarà sicuramente aumentato...
Sì, sono stato toccato anch'io. Per fortuna i ladri non mi fanno del male. Rubano soprattutto utensili nella nostra fattoria, li affronto con il dialogo e loro sono gentili. Una notte mi hanno chiesto di guidarli e sono inciampato. Uno mi ha afferrato subito per un braccio per non farmi cadere. La trovo una forma di disperazione anche questa, il ladro che protegge la sua vittima.
Nella sua fattoria si continua a lavorare, vero?
Certamente. Abbiamo creato delle misure di sicurezza con delle inferiate e delle porte chiuse a chiave. Ora il nostro materiale è più protetto, ci siamo organizzati. La polizia? Se la chiami non viene, devi mandare qualcuno a cercarla!
Questa situazione di pericolo ha scoraggiato gli aiuti esterni, che erano giunti pure dal Ticino. Con chi lavora attualmente?
Posso fare affidamento su di una squadra di dieci venezuelani tra i 22 e i 40 anni. Sette agricoltori e tre donne, di cui due maestre e una cuoca.
Di cosa vi occupate esattamente?
La nostra è una fattoria con 140 animali (di cui 40 mucche da latte) e si sviluppa su un'area di 300 ettari, sulla quale coltiviamo mais, canna da zucchero, soia, miglio, meloni, angurie e banane. Lo scopo è quello di provvedere alla nostra sopravvivenza per insegnare alla gente che il lavoro quotidiano serve a far progredire un paese che ha sempre vissuto della ricchezza naturale della sua terra.
Il progetto più significativo è decollato due anni fa grazie alla generosità dei suoi sostenitori dal Ticino. Come prosegue, don Angelo?
Direi molto bene. Ho ricevuto 56'000 franchi dalle parrocchie del Mendrisiotto grazie ad una raccolta di Natale e continuo ad essere aiutato. La sensibilità delle persone è straordinaria, ringrazio tutti di cuore e dedico loro le sedici mense che sono in grado ogni giorno di dare un pasto nutriente a 915 bambini e 120 anziani. La crisi crea inventiva e cooperazione.
I contributi sono notevoli
Sono soddisfatto di ogni forma di aiuto, lo scopo è quello di incrementare le forze per ampliarsi ulteriormente facendo capo al volontariato. Una delle priorità assolute è quella di assicurare l'istruzione ai bambini