Un membro del gruppo ticinese ha voluto fare alcune precisazioni sull'acquisto di Torre Velasca: «La storia dell'albergo è una fandonia. Domani il quotidiano italiano effettuerà una rettifica»
MILANO - La saga in merito alla vendita di Torre Velasca si arricchisce di un nuovo capitolo. Ed è Artisa a scriverlo. Il gruppo ticinese, infatti, smentisce con forza quanto riferito oggi dal quotidiano Sole 24 Ore in merito alle «ipotetiche clausole di difficile realizzazione» citate nell'articolo. «Noi abbiamo offerto 170 milioni di euro senza alcuna condizione» - precisa un membro di Artisa da noi contattato. «Anche la storia dell'albergo è una fandonia. Abbiamo fornito tutti i documenti al quotidiano italiano che domani effettuerà una rettifica».
Il gruppo Unipol ha quindi concesso l’esclusiva (fino al 30 settembre) al colosso americano Hines - titolare di un portafoglio da due miliardi di euro - benché esso abbia offerto 20 milioni in meno rispetto ad Artisa. «È una loro scelta e dovranno giustificarla davanti ai loro azionisti essendo Unipol quotata in borsa», incalza il membro del gruppo ticinese. «Ripeto, noi abbiamo formulato la migliore offerta e senza alcun vincolo. Forse ci hanno considerato come degli outsider fastidiosi e ci hanno escluso per questo. Ma se eravamo stati accettati è perché avevamo le credenziali per concorrere».
Per il gruppo ticinese è uno smacco doppio, visto che ha speso diversi soldi per proporre l'offerta d'acquisto della Torre simbolo di Milano. «Abbiamo investito 200'000 euro solo per fare la proposta. Abbiamo contattato diversi professionisti che hanno analizzato il potenziale del grattacielo e lo hanno valutato 170 milioni. La cifra che abbiamo offerto».
Insomma in questo caso il miglior offerente non vince. Stranezze del mercato immobiliare.