A tre mesi dalle elezioni, Paolo Beltraminelli è alle prese con il ritorno a una vita normale. E non è semplicissimo
LUGANO - Non ha dovuto iscriversi all'Urc. Nessuno controlla che invii curricula e faccia colloqui. Ma perdere il lavoro è una batosta anche per un ex ministro. Paolo Beltraminelli è alle prese con il ritorno a una vita normale – spesa al supermercato, sport, il telefono che suona molto meno – mentre in alcuni cantoni si torna a votare sui “vitalizi” ai consiglieri di Stato. Troppo alti? Un invito all'inerzia? Il 58enne luganese risponde che «le cifre vanno contestualizzate, e il salvagente economico ha un ruolo non indifferente».
Sono passati tre mesi dalla fine del suo mandato. Cosa ha fatto finora?
«Ho più tempo a disposizione, che all’inizio appare troppo, dopo molti anni frenetici e sotto pressione. Ho dedicato del tempo alla famiglia, agli amici e allo sport. Sto riorganizzando la mia vita e i miei impegni».
E il lavoro?
«Mi ci è voluto un attimo per ricarburare. Durante i miei mandati non mi sono mai guardato attorno, non avevo un piano B».
La gente immagina che un ministro uscente sia sommerso di offerte...
«Non è vero, non nel mio caso. Ho avuto la bella opportunità di tornare a lavorare nello studio d’ingegneria Tunesi di Pregassona, che dirigevo prima di entrare in governo. Ho accettato con gratitudine. Inoltre da settembre entrerò nel consiglio di fondazione di una casa per anziani, così potrò restare attivo nel campo sociosanitario».
Quindi tutto come prima?
«Beh no. Ora ho un incarico di consulente, di supporto alla direzione: ho più tempo libero. Se sei abituato a gestire un dipartimento con centinaia di collaboratori, a essere reperibile fino a mezzanotte e nei weekend, ci vuole tempo ad abituarsi».
Un momento di crisi?
«Psicologicamente non è una passeggiata, ecco. Devi ritrovare un equilibrio. Vero: dal punto di vista finanziario non mi posso lamentare. Ma i soldi non sono tutto».
I soldi, appunto. Quanto guadagna un ex consigliere di Stato?
«Lo Stato versa una rendita in base agli anni di servizio fino a un massimo del 60 per cento del salario percepito durante il mandato. Più eventuali redditi supplementari».
Quindi il totale può superare il salario da ministro (ca. 240mila franchi annui, ndr).
«Se la somma della rendita e del reddito da lavoro supera il salario da consigliere di Stato, la differenza dev’essere riconsegnata al Cantone, anche tutta la rendita».
Per alcuni è comunque troppo.
«Sulle cifre non mi esprimo, è un sistema in vigore da molti anni. Il tema è attualmente dibattuto e vi sono pareri diversificati. Ma a mio avviso il principio dello strumento di per sé è da preservare. Senza una rendita garantita i ministri in carica rischierebbero di essere meno indipendenti, di dover pensare a garantirsi un “poi” durante il mandato e non lo trovo positivo. E c'è un altro aspetto».
Quale?
«Per le persone che nella società hanno incarichi dirigenziali, la politica professionista, rischierebbe di perdere in interesse».
E lei?
«Candidarmi è stata una scelta difficile, nel 2011. Non è stato facile lasciare lo studio che dirigevo e in cui lavoravo da 25 anni, e che avevo contribuito a far crescere. Alla fine ha vinto la passione, lo spirito di servizio, l’amore per i tuoi cittadini e il tuo Cantone».
Non è pentito, no?
«No! Sono stati anni appassionanti con molti dossier strategici, anche se dirigere il Dss è complesso, ti assorbe completamente ed è spesso al centro delle critiche. Servire il tuo Cantone è un grande onore e una grande soddisfazione. La salute ne ha un po’ risentito, ma ora sto molto meglio. Colpa dello stress degli ultimi anni e di un clima di sospetto alimentato anche da un interesse mediatico eccessivo».
Ci potrebbe essere ancora un futuro politico?
«Non lo escludo completamente, la passione per la cosa pubblica resta. Ma il colpo è stato duro».