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CANTONEProcesso EOC: «L’atto d’accusa non poteva essere modificato»

09.07.19 - 11:43
Lo sostiene la difesa, che parla di violazione del principio accusatorio e chiede che l’incarto sia rimandato al ministero pubblico o l’abbandono della procedura
Tipress (archivio)
Processo EOC: «L’atto d’accusa non poteva essere modificato»
Lo sostiene la difesa, che parla di violazione del principio accusatorio e chiede che l’incarto sia rimandato al ministero pubblico o l’abbandono della procedura

BELLINZONA - «Dopo che è stata pronunciata la sentenza, l’atto d’accusa è immutabile». Sono le parole dell’avvocato difensore Mario Molo, che oggi in pretura penale ha aperto il processo bis per il contagio da epatite C all’Ospedale Civico di Lugano con la richiesta di rinviare l’incarto al Ministero Pubblico o di abbandonare la procedura. «Perché l’atto d’accusa non poteva essere modificato».

La sentenza di primo grado del 21 novembre 2016, che condannava l’Ente ospedaliero cantonale (EOC) a una multa di sessantamila franchi per lesioni colpose gravi, era stata successivamente annullata dalla Corte di appello e revisione penale (CARP). L’atto d’accusa era stato rimandato al pretore e quindi al procuratore pubblico, che lo aveva poi completato con la violazione della legge sanitaria, «sulla quale era stata fondata la condanna» ha detto il difensore, aggiungendo: «Il rinvio dell’atto d’accusa per imprecisioni nella descrizione dei fatti non è accettabile, viola il principio accusatorio».

Non ci sta il procuratore pubblico Moreno Capella, che ha ereditato l’incarto dall’allora procuratore generale John Noseda: «Il pretore - ha replicato - ha rimandato l’atto d’accusa al Ministero Pubblico chiedendo, conformemente alle disposizioni della CARP, di modificarlo o completarlo». Quindi: «Evidentemente questo significa aggiungere elementi che mancano, ma che sono evincibili dagli atti del procedimento. Ed è questo che è stato fatto».

La difesa ha anche parlato di prescrizione (i fatti risalgono al 19 dicembre del 2013), sostenendo che il procedimento riguarda una contravvenzione. E che la decisione della CARP «non arresta il decorso della prescrizione». Per il procuratore Capella, invece, «sostenere che il reato corrisponda alle norme della contravvenzione, mi sembra un eccesso».

La questione è ora nelle mani del giudice Siro Quadri che alle 14 si pronuncerà sulle questioni pregiudiziali avanzate dalla difesa.

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