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LOCARNOProsciolto dopo 43 giorni di carcere, fa appello contro il risarcimento beffa

02.07.19 - 06:31
Sarà il Tribunale d'Appello a stabilire se la vicenda del 33enne processato per violenza carnale e poi prosciolto dalle accuse può chiudersi con soli mille franchi di indennizzo
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Prosciolto dopo 43 giorni di carcere, fa appello contro il risarcimento beffa
Sarà il Tribunale d'Appello a stabilire se la vicenda del 33enne processato per violenza carnale e poi prosciolto dalle accuse può chiudersi con soli mille franchi di indennizzo

LOCARNO - Toccherà al Tribunale d’Appello stabilire se quarantatré giorni di ingiusta carcerazione possono essere risarciti con soli 1’000 franchi. Ingiusta, dal momento che un anno e mezzo fa la Corte delle Assise criminali ha prosciolto l’uomo, un cittadino svizzero di 33 anni, dall’accusa di aver violentato una 59enne sua conoscente. Non ci fu violenza carnale, stabilì il giudice Mauro Ermani.

La vicenda non è però chiusa e la battaglia legale ora ruota attorno al risarcimento. La persona prosciolta aveva chiesto 8’600 franchi di indennizzo allo Stato, ma il giudice ne aveva concessi unicamente mille. Secondo il magistrato quella sera del gennaio 2015 nell’appartamento della donna ci fu un rapporto tra i due, ma consenziente, e il non averlo ammesso avrebbe prolungato la carcerazione preventiva. Una tesi contestata decisamente dal 33enne che nega qualsivoglia atto sessuale. Da qui la causa promossa  dall’uomo nei confronti della sua accusatrice per un importo di 17’600 franchi (di cui 7’600 a “saldo” dell’ingiusta carcerazione patita e altri 10mila per torto morale dopo «un calvario lungo e pesante che non sarebbe mai dovuto esistere»). 

Lo scorso 28 maggio fa la Pretura civile di Locarno-Campagna gli ha però dato torto (e, «oltre al danno la beffa - commenta il 33enne - dovrei versare 3’200 franchi per le spese legali a chi mi lanciato false accuse»): «La causa va respinta per incompetenza per materia» ha deciso il giudice Leopoldo Franscini. In pratica la richiesta è stata inoltrata all’istanza sbagliata: per ottenere un’indennità maggiore di quella riconosciutagli dal tribunale penale con la sentenza di assoluzione il 33enne, afferma il pretore aggiunto, «avrebbe dovuto chiedere motivazione di quella sentenza e ricorrere contro di essa».

Una sentenza che nei giorni scorsi l’avvocato Stefano Pizzola ha impugnato davanti al Tribunale d’Appello, chiedendo anche ammissione all’assistenza giudiziaria e al gratuito patrocinio: «Non si può non notare - scrive il legale del 33enne - come nessuno sarebbe andato avanti in una procedura penale, con tutti i rischi che questa comporta a fronte di un proscioglimento». Pizzola definisce puramente «teorico» e slegato dalla «realtà dei fatti» il rimprovero di non avere annunciato appello il giorno della sentenza.

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