Il disperato appello di una madre confrontata con una ragazza che "ha preso una brutta strada". Dalle cattive compagnie all'assistenza. Lo specialista Ilario Lodi: «Sempre più giovani nel limbo»
BELLINZONA – «Nostra figlia non lavora. E non vuole praticamente più vivere. Da anni chiediamo aiuto, ma nessuno ci ascolta». È l'appello straziante di Sandra, madre di Giulia (i veri nomi sono noti alla redazione), una ventunenne di Bellinzona. Giulia di per sé è una ragazza normalissima. Solo che a sedici anni, quando ancora seguiva un apprendistato, ha imboccato una brutta strada. Dalle cattive compagnie all'assistenza. Fino a un presente insulso e vuoto. Drammatico. «Sono sempre di più i giovani in questo limbo – spiega Ilario Lodi, direttore di Pro Juventute per la Svizzera italiana – stiamo parlando di centinaia di ragazzi. La situazione è seria».
L'inizio della fine – Giulia inizia a sbandare attorno ai sedici anni. Addirittura arriva a prostituirsi. Mamma Sandra è affranta. «Ne avevo parlato anche con il direttore della sua scuola. Quando ho espresso le mie paure, mi sono sentita rispondere che la prostituzione in Svizzera è legale. E che non potevo fare molto».
Debiti e precetti – Quando Giulia compie i diciotto anni se ne va di casa. Non ha alcuna voglia di lavorare. Grazie a un assistente sociale, riesce a beneficiare di un sussidio di assistenza. Nel frattempo, accumula debiti e precetti. «Ogni volta che io e mio marito chiediamo l'aiuto delle autorità – riprende la madre – ci fanno presente che la ragazza è maggiorenne e che può fare quello che vuole. A volte Giulia ci scrive che vuole farla finita. Cosa dovremmo fare? Starcene con le mani in mano? Lo Stato non ascolta i nostri appelli. Vogliamo che nostra figlia non se ne stia in assistenza per tutta la vita. Vogliamo che sia aiutata a ritrovare la giusta via».
Servizi sociali in difficoltà – «C'è un'oggettiva difficoltà da parte dei servizi sociali statali nel fare fronte a questo genere di problematiche – fa notare Lodi – si fa fatica a trovare soluzioni personalizzate. Perché questi ragazzi nella zona grigia sono davvero troppi. E aumentano sempre di più. Ai nostri ragazzi la società chiede elasticità, competitività, capacità di reinventarsi. Tutto questo, in parallelo, genera stress, pressione, aspettative eccessive. Purtroppo i tempi dell'economia corrispondono sempre meno ai tempi della crescita personale. Non tutti i giovani sono in grado di reggere questi ritmi».
La barriera dei diciotto anni – Il fatto che un giovane ha diciotto anni, e dunque è ufficialmente adulto, può essere preso come scusa dalle autorità per non muovere un dito? Lodi è esplicito. «Legalmente sì. Però in Svizzera ci sono istituzioni come la nostra che vanno oltre queste barriere».
No al silenzio – Pro Juventute, da tempo, porta avanti il progetto mentoring, che si occupa di seguire giovani nel limbo. Come Giulia. «Per ora ne seguiamo una sessantina. Ma potremmo seguirne almeno dieci volte tanti. Sono ragazzi a cui, a un certo punto, è venuta a mancare una prospettiva di senso. I genitori di questi giovani non si devono sentire in colpa. Anzi, è importante che parlino pubblicamente dei loro disagi, in modo da potere essere aiutati».
L’ennesimo appello – Amara la conclusione di Sandra. Una madre sensibilmente provata da anni difficili. «Parlarne pubblicamente? Non facciamo altro. E nessuno ci ascolta. Spero che questo nostro ennesimo appello non cada nel vuoto».