La curiosa segnalazione arriva da Dario Zanetti, ex comandante della polizia comunale della capitale: «Sono infastidito». Ma ecco cosa si giustifica il portavoce Fabrice Boulé
BELLINZONA – «Sono infastidito. Fino a qualche anno fa donavo volentieri a Caritas 20 franchi all’anno. Poi ho smesso per motivi personali. Ora mi arriva una lettera in cui mi cercano soldi. Lo trovo inopportuno». La segnalazione arriva da Dario Zanetti, ex comandante della polizia comunale di Bellinzona. Altri ticinesi hanno ricevuto la stessa richiesta. Che succede a Caritas? Forse l’eccessiva concorrenza sta spingendo l’organizzazione a fare pressioni sui potenziali donatori, andando a recuperare anche chi donava in passato e ora non lo fa più? Di certo il “mercato” è sempre più spietato. Recentemente organizzazioni benefiche come Helvetas o Medici senza frontiere hanno lanciato raccolte fondi addirittura tramite call center. Ne abbiamo parlato direttamente col portavoce di Caritas Svizzera, Fabrice Boulé.
State effettivamente cercando di recuperare alcuni ex donatori?
Curiamo costantemente il legame con i nostri donatori privati. Rappresentano un tassello prezioso che contribuisce a garantire in gran parte la nostra indipendenza dai finanziamenti della Direzione della cooperazione e dello sviluppo o da altri enti pubblici.
Finanziamenti che tendono a diminuire.
Stiamo quindi ricontattando le nostre donatrici e i nostri donatori che non hanno più versato un contributo negli ultimi due anni per capire se ci sono cose che possiamo migliorare, se adempiamo correttamente alla nostra missione, se riusciamo a mantenere la loro fiducia.
Alcuni sembrano non avere gradito.
In generale queste persone apprezzano il nostro gesto. E coloro che non vogliono più essere contattati ce lo dicono apertamente.
Questa situazione è dovuta a un calo globale di donazioni negli ultimi anni?
In Svizzera c’è una elevata propensione a donare. Le donazioni private hanno registrato un forte aumento tra il 2016 e il 2017, mentre nel 2018 sono rimaste complessivamente stabili. Non possiamo quindi parlare di una diminuzione delle donazioni per quanto ci riguarda.
Oggi sono tantissime le associazioni e fondazioni che chiedono soldi. Ora anche via call center. Per Caritas c'è una grossa "concorrenza". Quanto vi pesa?
Per quanto la popolazione in Svizzera possa essere generosa, il Paese è piccolo e attira le ONG internazionali che hanno notato questa propensione alle donazioni. Tale dinamica rafforza ulteriormente la concorrenza già di per sé accesa. Dobbiamo intensificare ancora di più i nostri sforzi e dare ulteriore prova della qualità del nostro lavoro.
Quale è la situazione attuale di Caritas Svizzera e su quali progetti sta lavorando?
La nostra situazione finanziaria è ottima. In un’organizzazione di questa portata, le decisioni che prendiamo sono di natura strategica e frutto di una pianificazione, proprio come nel settore privato. Come reso noto alcune settimane fa, il nostro impegno nell’ambito della cooperazione internazionale sarà limitato, ma nulla è cambiato in termini di aiuti umanitari.
Dunque?
In Svizzera e nel mondo, Caritas è sinonimo di lotta alla povertà. Rimaniamo attenti alle politiche federali, cantonali e comunali in questo settore, agiamo sul campo e influenziamo il dibattito pubblico.