L’avvocato lascia la carica dopo un anno e punta il dito sul suo «impiego assai limitato». I numeri parlano da soli, conferma un altro magistrato. Ecco la classifica di chi fa più processi
BELLINZONA - Colpo di scena del giudice supplente Brenno Martignoni. Se ne va. Non sbattendo, ma comunque chiudendo con un certo clamore la porta. La decisione, come spiega nella lettera recapitata ieri all’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio, è «sostanzialmente da ricondurre ad un impiego, su chiamata, assai limitato, rispetto invece alla preclusione assoluta dell’attività forense nel campo della giustizia penale». Detto altrimenti, l’avvocato critica le poche convocazioni ai processi. Scarse per rapporto all’obbligo, per chi ricopre la carica, di non poter esercitare in parallelo la professione di difensore in ambito penale.
A latere… anzi in panchina - Il suo è un abbandono che ridesta recenti mal di pancia su un utilizzo abbastanza nebuloso dei magistrati supplenti. E fornisce argomenti a chi parla di un sottoimpiego di questa figura, il giudice a latere, che affianca il presidente nei processi alle Assise criminali. Una figura che consentirebbe, forse, di amministrare la Giustizia in tempi più ragionevoli. Anche perché, come evidenziato lo scorso novembre dalla Commissione della legislazione, «un giudice supplente può, di fatto, svolgere tutte le attività attribuite al magistrato ordinario». Senonché, come lascia intendere Martignoni nella sua lettera, è breve il passo tra l’essere impiegato “a latere” e il restare per mesi in panchina. Uno spreco di risorse, insomma.
Chi ne fa 9 e chi 1 - Le statistiche confermano la tesi di Martignoni? «I numeri parlano da soli» si limita a dire un altro giudice, che non vuol essere citato. E allora questi numeri li abbiamo chiesti allo stesso Tribunale penale cantonale. Una richiesta che, ci è stato detto, non può essere subito evasa. Gli aggiornamenti dei processi scaricabili dal sito del Cantone permettono tuttavia di ottenere una parziale, riguarda i primi sei mesi dell’anno, classifica dei giudici supplenti più utilizzati. In testa, ma è un discorso a parte, c’è Manuela Frequin Taminelli che il governo lo scorso agosto ha promosso a giudice effettivo (da qui l’alta vigilanza chiesta sulla “promozione” di Frequin Taminelli da parte del deputato Matteo Pronzini, che conferma la sua critica: «È stata una forzatura del Consiglio di Stato, avrebbero potuto utilizzare i giudici supplenti senza procedere a quella designazione»). Da gennaio a oggi Taminelli ha presieduto 12 processi. Seguono, però solo impiegati come giudici a latere, Renata Loss Campana (9), Aurelio Facchi (7), Manuel Borla (6), Fabrizio Filippo Monaci (6), Luca Zorzi (5), Brenno Martignoni Polti (4), Carlo Luigi Caimi (1).
Una figura centrale - Basterebbero i numeri pubblicati per mostrare la mancanza di una parità di trattamento e la disparità potrebbe essere maggiore allargando la statistica agli anni passati (prima che il “caso” Taminelli spingesse ad un certo equilibrio ancor oggi lontano dall'essere raggiunto). Perché la faccenda va un po’ oltre il gettone di presenza (800 franchi per giornata intera) e investe anche l’essenza della Giustizia stessa. «Nelle cronache giornalistiche dei processi esiste solo il presidente. Si pensa che il giudice a latere non serva a niente, e invece in una corte criminale composta da tre giudici le maggioranze le fanno i supplenti» ricorda un addetto ai lavori. Ecco perché la loro scelta non è mai neutrale.