Due fiere-mercato nel weekend strizzano l’occhio agli hobbisti della verdura fai-da-te. Il sostegno dei produttori: «Così vedrete quanto è difficile coltivare senza la chimica».
LUGANO - È germogliata la primavera bio. A un ritmo che toglie il fiato si susseguono gli eventi dedicati al coltivar sano (e possibilmente strano). Solo in questo weekend si terranno due fiere-mercato, quella di ProSpecieRara domani al Parco Ciani, dalle 10 alle 16, e quella di ConProBio domenica, stessi orari, al Mercato Coperto di Giubiasco. Dalle 96 varietà di patate, passando per i meli di città, fino al pomodoro che si perpetua di seme in seme è un proliferare di eventi con protagonisti gli ortaggi allergici alla chimica e alla genetica da laboratorio.
Mania? No, moda sana - Talmente numerosi da far sorgere il dubbio che la molla non sia solo il voler nutrirsi bene. Una mania? «Una moda sana piuttosto e un ritorno al buon gusto dopo anni in cui si mangiavano schifezze» ribatte lo psichiatra Tazio Carlevaro che non vede nel ritorno alle specie del passato una reazione di sfiducia nella scienza: «Direi proprio di no, visto che si utilizzano anche metodi moderni».
Il guanto di sfida - E i grossi coltivatori di verdure? Guardano gli amatori del bio con occhio benevolo. «Siamo contenti, perché almeno la gente si renderà conto delle difficoltà nel coltivare un ortaggio senza malattie…» dice Andrea Zanini, presidente dell’OrTi, l’associazione che raggruppa gli orticoltori ticinesi. Tra i professionisti, peraltro, il bio ha ancora vita dura perché, aggiunge Zanini, «gli standard qualitativi imposti dalla grande distribuzione sono difficilmente ottenibili con metodi biologici. La chimica si usa anche per proteggere le piante e gli stessi agricoltori ne farebbero a meno, visto che sono i primi a mettere a rischio la loro salute con i trattamenti».
Trend e responsabilità - L’aumento di domanda e offerta bio spinge Laura Vaccarino, nutrizionista e portavoce del Progetto Gorilla a parlare di «trend di massa». Con quali benefici? «Si potrebbe dire - risponde la specialista - che su una piccola superficie (come quella del balcone) non è così rilevante se si tratta di piantine bio o no, d’altro canto però sono anche questi piccoli accorgimenti che mandano segnali positivi e motivano a più livelli la coltivazione responsabile».
Prezzi e incognite - In conclusione, boom a parte, va detto che il sorpasso su piantine e sementi tradizionali non è ancora avvenuto. E non è una questione di prezzo, dice Raffaele Caminada, titolare dell’omonima e storica ditta di Cadempino: «Le piantine bio possono costare al massimo un 10% in più. I fitosanitari bio invece non hanno costi superiori visto che sono spesso gli stessi usati anche nell’orto tradizionale». Maggiore può semmai essere l’impegno richiesto: «Ci sono clienti molto accorti che non usano prodotti chimici. Altri invece utilizzano di tutto e di più, magari in competizione con l’orto del vicino. In certi momenti, con certe avversità e malattie, il bio può essere a rischio e i compromessi sono talvolta necessari visto che l’hobbista bio non dispone di tutti i prodotti più indicati».