Il fondatore di Papageno punta il dito contro un «business in cui hanno un interesse enorme gli avvocati». E i padri? «Forse per non rinnovare il dolore non si impegnano per l’associazione»
BELLINZONA - Dopo oltre un decennio di testate il muro non presenta crepe evidenti. Il panorama oggi, con la nascita di associazioni come StopArp, è più dinamico, ma loro sono stati i primi - assieme all’Associazione genitori non affidatari (Agna) - ad affrontare i problemi delle separazioni coniugali e dei figli contesi. Loro sono il movimento Papageno che nel 2005 vedeva la luce, strizzando l’occhio per il nome a uno dei protagonisti del Flauto Magico di Mozart (atto III “quale gioia sarà mai se gli Dei penseranno a donare figli al nostro amore…”). L’aria che tira, oggi, se non di scoramento sembra di malcelata rassegnazione: «È una battaglia molto difficile a causa anche di una politica interessata a fare sì che le cose non cambino» dice Adriano Heitmann, fondatore di Papageno.
Passano gli anni, cambiano le sigle, ma oggi, come allora, per questi padri che si ritengono spossessati dei loro di diritti di genitore l’avversario resta l’istituzione. Dalle Commissioni tutorie regionali si è passati alle Autorità regionali di protezione e il risultato - secondo loro - è ancora peggiore : «Le Arp stanno prendendo un potere enorme, soprattutto nella gestione degli anziani e delle persone con invalidità e disturbi psichici. Le famiglie e i curanti vengono bypassati in questo business straordinario dove hanno interessi enormi gli avvocati. Successi come la custodia alternata sono stati poi indeboliti da sentenze del Tribunale federale». Davanti a quello che Heitmann definisce «un muro di gomma» Papageno ha affinato nel tempo gli strumenti: «La strategia più pagante è stata quella di porre nei divorzi l’attenzione sull’aspetto sanitario dei giovani e sulle conseguenze negative derivanti dall’affido totale alla madre. Il medico ha più potere di un giurista. La stessa santésuisse ha riconosciuto il problema delle ricadute sulla salute».
Oltre che contro le Arp, Papageno si è trovato però a lottare contro un certo “disinteresse” dei padri. «Abbiamo constatato che un papà quando ha risolto un problema non si impegna più per l’associazione. Spesso perché non si vogliono più riaprire vecchie ferite. Ma più in generale, mi sembra, anche un effetto di questa società che deresponsabilizza sempre più il singolo».