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LUGANOCifre rosse per il Cardiocentro

07.04.19 - 11:03
Il Caffè torna sui risultati d’esercizio dell’Ospedale del cuore, dopo la pubblicazione dei dati finanziari da parte dell’Ufficio federale della sanità pubblica
TiPress - foto d'archivio
Cifre rosse per il Cardiocentro
Il Caffè torna sui risultati d’esercizio dell’Ospedale del cuore, dopo la pubblicazione dei dati finanziari da parte dell’Ufficio federale della sanità pubblica

LUGANO - Il bilancio 2017 del Cardiocentro mostra una cifra in rosso di poco più di 5 milioni di franchi. È quanto riferisce il Caffè, riprendendo i dati finanziari pubblicati dall’Ufficio federale della sanità pubblica (per tutte le strutture sanitarie svizzere).

Ancora una volta il domenicale torna sulla questione “bilanci” dell’Ospedale del cuore, prestando particolare attenzione ai termini utilizzati. Perché nel maggio dello scorso anno alcuni media erano stati accusati di «disinformazione» dal Cardiocentro, che aveva precisato: «Non abbiamo debiti». Il Caffè aveva risposto di «non avere mai parlato di debiti», ma «solo di cifre rosse». Ma il presidente di fondazione Giorgio Giudici aveva ancora sottolineato: «Le finanze sono sane».

Oggi il Caffè torna a porre l’accento sulle cifre rosse. «Dal 2008 al 2017 nove bilanci in rosso - scrive -. Unica parentesi il 2014. In totale il Cardiocentro ha accumulato risultati di esercizio negativi per circa 34 milioni. E se a questi si aggiungono gli anni precedenti si arriva a 42».

Ma se nel 2015 «il segno era meno» (meno 5,2 milioni), «balza all’occhio un più 5,9 milioni» dell’anno successivo. La spiegazione il domenicale la trova nella diminuzione del capitale della Fondazione, grazie alla registrazione di «un ricavo straordinario di circa 13 milioni per la rivalutazione dell’immobile».

Alla luce di questi dati, il Caffè solleva dubbi sulla possibilità del Cardiocentro di partecipare con la Città di Lugano all’acquisto dello stabile Mizar per farne un polo di ricerca: «Se cinque milioni il Cardio dice di averli “posteggiati”, altri cinque dovrebbero essere raggranellati dopo il 2020».

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