I numeri in Ticino variano, a seconda di chi li dà. Il direttore dell'Ire Rico Maggi risponde alle critiche
LUGANO - Le cifre della discordia sono due, e precisamente 5 490 e 12 300. Il problema è che si riferiscono alla stessa cosa: il numero dei disoccupati in Ticino. E in Parlamento stanno facendo discutere.
Cifre a confronto - A riaccendere il dibattito è stato un bollettino pubblicato settimana scorsa dall'Ufficio cantonale di statistica (Ustat). Dal campione intervistato esce una stima ben diversa, oltre il doppio, rispetto ai dati trasmessi al Cantone dall'Istituto di ricerche economiche (Ire) su mandato pubblico. Il 6,8 per cento dei ticinesi sarebbero senza lavoro. «Più che in Lombardia» si è subito polemizzato. Il deputato Matteo Pronzini (Mps) si è scagliato martedì contro l'Istituto universitario e i ricercatori dell'Usi, colpevoli di avere “sminuito” il problema riducendolo a una percentuale del 3,1 per cento.
«Istituto indipendente» - Chi ha ragione? Il direttore dell'Ire Rico Maggi respinge le accuse al mittente. «Siamo un istituto universitario, e dobbiamo avere un approccio indipendente e distaccato dalla politica. È proprio qui l'utilità, rispetto ad affidare queste analisi a un istituto privato» ribadisce. Quanto ai disoccupati «le nostre ricerche vengono svolte su dati ufficiali» ossia sul numero degli iscritti agli uffici di collocamento.
Il margine d'errore - Il dato «è molto accurato» ma non tiene conto dei senza-lavoro non iscritti agli Urc, come invece fanno le indagini “a campione” rielaborate dall'Ustat. «Queste ultime hanno un margine d'errore elevato, e non sono aggiornate ogni mese» quindi meno utili a livello scientifico, sottolinea Maggi.
Il calo in cinque anni - «Il nostro scopo è valutare lo stato dell’economia a livello congiunturale. Non abbiamo mai avuto la pretesa di descrive nelle nostre previsioni la situazione completa del mercato del lavoro» conclude Maggi. E affonda: «Entrambe le statistiche registrano comunque un calo dei disoccupati negli ultimi cinque anni». Il resto è politica, naturalmente.
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