Un solo stellato a Lugano contro i quattro del Sopraceneri. L’ultima Michelin consolida il sorpasso. Il critico dice: «Mai una crisi così forte da decenni». Il sommelier: «Troppa fretta»
BELLINZONA - Uno degli ultimi ad aver spento la luce è stato Martin Dalsass nel 2011. La partenza dello chef del Sant’Abbondio di Sorengo per l’Engadina ha segnato uno spartiacque nel cielo stellato della gastronomia ticinese. Da allora, in pratica, la haute cuisine è diventata vieppiù sopracenerina e l’ultima Michelin assegnata a “La Brezza” di Ascona rafforza il sorpasso. Unico isolato astro rimane l’Arté dell’albergo Villa Castagnola. Più a sud, nulla, dopo che un anno fa anche il Concabella di Vacallo ha deciso di cambiare filosofia sposando una cucina più a portata di ogni tasca. La pagella 2019 della Guida per eccellenza sancisce un 4 a 1, con da un lato gli asconesi Brezza, Ecco, Locanda Barbarossa e Locanda Orico a Bellinzona, dall’altro Arté a Lugano.
Cherchez l’argent - Un po’ banale, ma il nesso tra denaro in circolazione e ristoranti stellati resta valido. E non aveva poi tutti i torti lo stesso Dalsass quando ricordava che all’epoca d’oro della piazza finanziaria i templi della gastronomia potevano contare ogni mezzogiorno su tavoli prenotati dalle banche per i loro clienti. «Nell’alta gamma la crisi è stata e resta forte. In quarant’anni che frequento questo mondo non ricordo un periodo così difficile come l’ultimo biennio» commenta Alberto Dell’Acqua, direttore-editore della rivista Svizzera Gastronomie & Tourisme.
Confusione blogger - «Non sono tramontate solo le stelle, ma un po’ anche la critica gastronomica classica - prosegue Dell’Acqua, che per un quindicennio ha curato la parte ticinese della Guida de L’Espresso. «L’avvento dei food blogger e di siti come Tripadvisor ha creato anche confusione. Un tempo le guide facevano molta più opinione. Dopodiché va anche detto che le maggiori “bibbie” gastronomiche considerano poco il Ticino e questo è un peccato».
Stelle nascoste - Se però prendiamo la regina Michelin, i parametri privilegiati sono quelli dell’innovazione nei concetti gastronomici: «Un aspetto - osserva Dell'Acqua - che penalizza ulteriormente un cantone dove è preponderante la cucina del territorio. Sarebbe sbagliato parlare però di abbassamento della qualità. Almeno due-tre altri ristoranti che meriterebbero il riconoscimento stellato ci sono...».
Nuove, vecchie scintille - In una situazione piuttosto statica… ci si aggrappa ai cambiamenti. Alle giovani promesse, certo, ma anche a nomi consolidati. Ad esempio, allo chef Dario Ranza (ex Principe Leopoldo) dato per sicuro acquisto del ristorante Ciani. «Tanto di cappello che voglia rimettersi in gioco. Il mio augurio è che riesca a creare un nuovo concetto di cucina partendo dai prodotti del territorio che sono un suo caposaldo. Certo, viviamo un periodo dai mille interrogativi e dalle poche risposte» conclude Dell’Acqua.
Piero Tenca: «Troppa fretta di arrivare. Manca l'esperienza»
Testimone dell’epoca d’oro della gastronomia ticinese è Piero Tenca, presidente nazionale dei sommelier, e per una ventina d’anni stella Michelin al Motto del Gallo di Taverne con i fratelli De La Iglesia. «La verità - dice - è che oggi c’è troppa impazienza di arrivare. Facendo ben poca esperienza in locali di altissimo livello. Mancano anche basi forti di scuola alberghiera». Dietro una stella c’è dunque un lungo lavoro: «Un altro sbaglio è pensare che la ristorazione sia fatta solo dalla cucina. Lo chef che traina è importante, ma tra giacche bianche e nere deve esserci un connubio». E poi ricorda: «Con i fratelli De La Iglesia ho lavorato per 35 anni e assieme continuavamo a misurarci con gli altri locali. Sempre con la giusta umiltà». La scalata al vertice oggi è più alla portata delle cucine d’albergo: «Conta il potenziale finanziario per poter puntare su un grande chef. Per un privato, invece, lanciarsi con investimenti importanti in un locale, nella cantina e negli arredi risulta molto molto duro. Anche perché il contesto economico oggi ha perso un po’ di smalto e molto clienti di allora non ci sono più. Credere nella propria forza non basta più. Ci vuole anche un’esperienza profonda e una valida indagine di mercato».