Succede anche in Ticino. Il sindacalista UNIA: «Purtroppo i dipendenti non sono protetti a sufficienza»
LUGANO - Andava al lavoro imbottita di antidolorifici per non piantare in asso il collega. Ma a un certo punto è stata ricoverata d’urgenza: aveva i calcoli biliari. «Quando ero in malattia per riprendermi dall’intervento, quasi ogni giorno mi chiamavano dal lavoro. Sono quindi rientrata prima del previsto». Poi c’è la storia di una donna che continuava a lavorare nonostante un forte mal di schiena. «Mi sono rovinata la salute e alla fine mi hanno licenziata». Queste sono soltanto alcune delle testimonianze giunte in redazione a seguito dell’articolo inerente l’apprendista zurighese costretta a presentarsi al lavoro pur avendo l’influenza e un certificato medico (vedi correlati). Un articolo che ha generato numerose reazioni, confermando che anche in Ticino si verificano situazioni in cui i dipendenti rinunciano al congedo per malattia per evitare un eventuale licenziamento.
«In effetti succede anche da noi» ci dice il sindacalista di UNIA Giangiorgio Gargantini, ricordando però che «chi è malato ed è in possesso di un certificato ha il diritto di stare a casa in malattia». Se al suo rientro viene licenziato a causa dell’assenza, «la decisione va contestata, anche per vie legali».
Questione di pressione - Il timore è proprio quello di perdere il posto di lavoro. «Purtroppo in Svizzera i dipendenti non sono protetti dal licenziamento, quindi possono venire lasciati a casa senza una giustificazione». Una situazione, questa, che permette ai datori di lavoro di esercitare molte pressioni sui dipendenti, «portandoli a fare molti straordinari, a lavorare anche nel weekend o a presentarsi nonostante la malattia» spiega Gargantini. Insomma, «la minaccia “vieni a lavorare o domani prendo qualcun altro” può essere reale, ma inaccettabile».
Se il “medico” è il capo - «Una volta i medici erano rispettati, oggi il certificato te lo deve fare il capoufficio» afferma un lettore. Ma da parte dei superiori commenti come “non mi sembravi malato” oppure “ma ieri stavi bene” non sono accettabili: «Chi non è medico non ha il diritto di valutare lo stato di salute dei dipendenti» sottolinea il sindacalista UNIA. L’azienda ha soltanto la possibilità di contestare un certificato chiedendo un secondo parere medico.
Home office escluso - E poi non mancano quelle situazioni in cui il dipendente malato viene invitato a lavorare da casa. «Se una persona è in possesso di un certificato medico, significa che non è abile al lavoro». Quindi: «Non può nemmeno rispondere a una chiamata professionale» specifica Gargantini, ricordando che poi ci sono comunque anche certificati che prevedono un’inabilità a tempo parziale.
Rischio di contagio - Il sindacalista ribadisce infine i pericoli legati all’attività lavorativa in malattia: «Si corre il rischio di contagiare i colleghi, rischiando inoltre un peggioramento delle proprie condizioni o di prolungare il periodo di malattia». E non da ultimo: «Se si lavora pur essendo in possesso di un certificato, l’assicurazione potrebbe non pagare le prestazioni mediche».