Nuove accuse contro la fattoria della famiglia Zinetti. Interviene addirittura la Protezione Svizzera degli Animali. Tutto in regola. L’Unione Contadini Ticinesi: «Basta anonimato»
CLARO – Non saranno stinchi di santo. Ma forse non sono nemmeno quei demoni che alcuni vorrebbero fare credere. Sta di fatto che Umberto e Michela Zinetti, padre e figlia, agricoltori di Claro, sono di nuovo al centro di polemiche feroci. Stavolta l’accusa è quella di denutrire i propri animali. E così, da Basilea, arriva a sorpresa un esperto della protezione svizzera degli animali per analizzare la situazione. Lo specialista assolverà la famiglia Zinetti, valutando positivamente le condizioni delle bestie nella fattoria del Bellinzonese. Ancora una volta la polemica si smonta. «Ma noi siamo sempre più esasperati – dice Michela –. Qualcuno ci odia a morte».
Una vita di ripicche – Certo, di errori nella loro vita Michela e Umberto ne avranno fatti sicuramente. E sono i primi ad ammetterlo. Il loro, a volte, non è un carattere facile. Già nel 2006 la loro attività era finita al centro delle polemiche, dopo lo sfratto dalla masseria in cui lavoravano. Le bestie morivano, forse per l’inadeguatezza dello stabile, situato su un terreno di proprietà del Patriziato. Gli Zinetti ricominciano da capo. Ma le ripicche continuano. Per anni.
È un 2018 da incubo – A febbraio 2018, una segnalazione anonima spinge il veterinario cantonale a intervenire. Alcune immagini ritraggono animali nel fango e al gelo. Anche quel caso si chiude con un nulla di fatto. Non è finita: tra la primavera e l’estate, Umberto e Michela subiscono un rogo e un furto di bestiame.
Bestiame promosso – Ora, la nuova denuncia, datata 8 ottobre 2018: i due contadini non darebbero sufficiente cibo agli animali. Le mucche sarebbero troppo magre. Eppure, il rapporto dettagliato firmato dal veterinario Martin Murer, parla chiaro. Mucche, cavalli, pecore, gatti. Tutto il bestiame viene controllato. «In generale – scrive Murer nel documento – gli animali erano in buono stato. Non è stata accertata alcuna violazione della protezione degli animali».
Quella disdetta che fa paura – «Vogliono farci sloggiare – aveva dichiarato a più riprese Michela –. Qualcuno è ingolosito dai nostri terreni. Perché sono bonificati e dunque attrattivi». E aggiunge: «Di recente abbiamo ricevuto la disdetta per un importante appezzamento. La mia famiglia lo curava da decenni. Siamo preoccupatissimi».
La punta dell’iceberg – La visita a sorpresa dell’esperto della protezione animali rappresenta solo la punta dell’iceberg in una situazione parecchio complessa. «È arrivato pochi giorni dopo quella ufficiale già effettuata dal Cantone. Anche in quel caso, non erano state registrate gravi irregolarità. È pazzesco quello che stiamo vivendo».
Un aiuto quando possibile – Le vicende della famiglia Zinetti sono ben note anche all’Unione Contadini Ticinesi. «Specialmente per alcune questioni legali o giuridiche non possiamo però fare molto – fa notare il segretario Sem Genini –. Il nostro aiuto si basa soprattutto sulla sensibilizzazione. Cerchiamo di favorire condizioni quadro generali che vadano in favore delle aziende. Per quanto riguarda i terreni che forse saranno sottratti alla famiglia, il nostro compito consiste nel cercare di fare capire ai proprietari che questo potrebbe comportare un danno enorme per l’azienda agricola».
Animali umanizzati – Nel settore dell’agricoltura una situazione come quella degli Zinetti non rappresenta una rarità. Quello che è certo è che casi analoghi generano burocrazia e costi spesso inutili. «Certamente è cresciuta la sensibilità della gente verso gli animali – commenta Genini –. A tratti si tende a umanizzarli. Magari li si vede in certe condizioni di vita e si ha una percezione diversa da quella che è la loro realtà effettiva».
Gli esperti non si discutono – Genini precisa, infine, una serie di aspetti fondamentali. «Esistono enti ufficiali preposti a determinati controlli. Come ad esempio l’Ufficio del veterinario cantonale. Se un esperto si reca sul posto e stabilisce che tutto è a norma, ci dovremmo attenere tutti a questa conclusione e non pensare che ci siano dietro strane congiure. In questa storia, così come in altre, noto che le denunce sono anonime, nessuno ci mette la faccia. E anche una volta che emerge una verità differente da quella ipotizzata dall’accusatore, non arrivano mai delle scuse. I costi, però, vanno sempre a pesare sulla comunità e sull’azienda agricola coinvolta. Anche se non ha colpe specifiche».