È la nuova misura ticinese nell’ambito del piano nazionale per prevenire la minaccia terroristica e non solo. Gobbi: «La Svizzera non è un obiettivo primario, ma la certezza assoluta non esiste»
BELLINZONA - Un agente di sicurezza reclutatore dell’ISIS. Una strage sventata alla Commercio di Bellinzona. Questi sono soltanto alcuni dei casi di estremismo registrati di recente in Ticino. E ora per il Cantone la parola d’ordine è “prevenzione”: da oggi è infatti online il nuovo portale contro la radicalizzazione e l’estremismo violento (www.stopradicalizzazione.ch), una piattaforma interdisciplinare che permette ai cittadini di informarsi o di condividere preoccupazioni, dubbi e interrogativi.
Tre canali - Un sito web, un numero telefonico (079.953.46.82, attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16) e un contatto di posta elettronica. Sono questi i punti di riferimento della misura, sviluppata dal Canton Ticino nell’ambito del piano nazionale per prevenire la minaccia terroristica e contrastare la radicalizzazione. «Non si parla soltanto di radicalizzazione jihadista, ma di tutti i volti del fenomeno: estremisti di sinistra o di destra, hooligans nel mondo sportivo, criminali solitari, cittadini pieni di odio ed estremisti religiosi» ha sottolineato, in un incontro con la stampa, la capoprogetto Michela Trisconi, che ha comunque ricordato che per le emergenze il punto di riferimento resta sempre il numero della polizia (117).
L’esperienza ginevrina - L’esperienza ticinese non è una prima in Svizzera. E si basa in particolare su un portale analogo attivato alla fine del 2016 nel Canton Ginevra. «Soltanto nel primo anno di attività, al servizio ginevrino sono stati sottoposti 54 casi. Per 34 si sono resi necessari degli approfondimenti» ha spiegato Trisconi.
«La sicurezza assoluta non esiste» - Il consigliere di Stato Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni, ha ricordato che «anche se la Svizzera non è un obiettivo primario dei terroristi, la certezza assoluta che gli attacchi non possano interessare anche il Ticino purtroppo non esiste». Questo non significa comunque che bisogna cedere alla paura. Ma che è «fondamentale la collaborazione tra autorità federali, cantonali e comunali per far fronte a minacce silenziose e insidiose come la radicalizzazione».
«Individuare i solitari» - E in questo caso si parla, appunto, di prevenzione. «Spesso bisogna creare quella zona demilitarizzata - ha detto ancora Gobbi - in cui il cittadino non si senta sotto pressione per fare una segnalazione alle autorità». E in questo modo si mira anche a prevenire in maniera più efficace quelle azioni pianificate dai solitari. «Non sempre c’è dietro una rete, spesso si tratta di persone singole che si radicalizzano nel loro ambiente privato o sui social network».
«Prevenzione, non repressione» - «È fondamentale il gioco di squadra» ha sottolineato il vicesindaco di Lugano Michele Bertini, capo del Dicastero sicurezza e anche lui coinvolto nel progetto. «Con la prevenzione si vuole andare alla radice del fenomeno, perché la repressione rappresentata dalle azioni di polizia e dalle telecamere sono soltanto un cerotto».
La piattaforma cantonale di prevenzione contro la radicalizzazione e l’estremismo violento è, come detto, interdisciplinare ed è quindi composta da rappresentanti del Dipartimento delle istituzioni, del Dipartimento della sanità e della socialità, del Dipartimento dell’educazione della cultura e dello sport, e dei Comuni.