“Rivoluzione” in tutta la Svizzera: centinaia di sedi classiche trasformate. E la gente polemizza. Cornelia e Barbara sono due giovani donne che hanno accolto il Gigante Giallo nel loro ostello
CRESCIANO – Le ultime scintille arrivano da Vacallo (ieri) e prima da Castagnola. Dove l’ufficio postale chiuderà e finirà in un esercizio pubblico. Un migliaio le firme raccolte, a suo tempo, contro questa decisione. Ma è solo uno dei tanti casi sparsi per l’intera Svizzera. Il Gigante Giallo ha deciso di chiudere gli uffici classici, là dove non rendono più. E di mantenere i servizi sul posto, appoggiandosi a partner fidati. A Cresciano, ad esempio, l’ufficio postale si trova, già dal 2014, all’interno dell’ostello gestito da Cornelia Steiner e Barbara Wägeli, due giovani donne piene di entusiasmo. Un luogo trendy, in cui ci sono pure bar e ristorante. «Alcuni – racconta Cornelia – si domandano se si possono fidare a fare i pagamenti o a ritirare raccomandate in un esercizio pubblico. Noi garantiamo il massimo della privacy».
Numeri importanti – L’obiettivo presentato nel 2017 dalla Posta è chiaro: entro il 2020, il numero di uffici postali in Svizzera dovrà passare da 1.400 a 900, o addirittura 800. Dopo questo annuncio, a sud delle Alpi sono già stati trasformati oltre 10 uffici. Ne resta da “verificare” una trentina. «Al momento – dice Marco Scossa, portavoce della Posta – abbiamo 153 filiali, di cui 100 classiche e 53 in partenariato. Alla base di queste chiusure, c’è un evidente calo delle operazioni effettuate agli sportelli».
Conti da fare quadrare – Un calo che si quantifica, rispetto agli inizi del 2000, con un 65% per le lettere, un 45% per i pacchi e un 40% per il traffico dei pagamenti. «”Trasformiamo” determinate sedi – riprende Scossa – anche perché, dal 1999, per volontà popolare, la Posta, di proprietà della Confederazione, riceve chiari obiettivi dal Consiglio federale a livello finanziario. E, in un certo senso, deve operare come un’azienda privata. Non riceviamo sostegni pubblici, paghiamo le imposte e versiamo un importante contributo alla Confederazione. Quindi dobbiamo autofinanziarci, fare quadrare i conti con le nostre forze per potere investire nel futuro».
Dalla casa per anziani al museo – A ogni chiusura, corrisponde un nuovo accordo di partenariato. A Morbio Inferiore, le operazioni postali possono essere sbrigate nella sede della Fondazione Casa San Rocco, una casa per anziani. A Meride, lo sportello è presso il Museo dei fossili del Monte San Giorgio. A Pedrinate, in uno snack-bar. In molte altre località, l’ufficio postale si trova in un negozio, o nella farmacia. «Ogni nostro partner riceve un’indennità fissa – precisa Scossa –. Più un’indennità basata sui volumi e una componente in funzione della qualità del servizio svolto».
Un aiuto all’attività – A Cresciano l’ufficio postale è stato chiuso nel 2003. Fino al 2014 era situato all’interno della cancelleria del paese. Poi, il passaggio all’ostello. «Avere un ufficio postale all’interno della propria attività – sottolinea Barbara – ti porta qualche cliente in più. Da noi c’è gente che viene a spedire una lettera, e poi, già che è qui, si ferma pure a bere il caffè». «Questo è un dato di fatto – aggiunge Scossa –. Alcune attività private si sono rilanciate proprio grazie al partenariato con la Posta».
Orari prolungati – Tra i lati positivi evidenziati dalla clientela di fronte alle nuove agenzie sembrerebbe esserci la possibilità di effettuare le operazioni postali al di fuori degli orari canonici d’ufficio. «È un concetto più flessibile», fa notare Scossa. «Anche se comunque – ribatte Cornelia – un po’ di regole ci vogliono. Noi abbiamo messo degli orari indicativi. Vediamo che la gente tende a sforare perché tanto sa che siamo aperti. È una questione un po’ da regolare, ma per adesso funziona».
Una questione emotiva – E allora, se con le nuove agenzie davvero tutto è così positivo, perché ogni volta che La Posta decide di sopprimere un ufficio, la popolazione insorge? Scossa ha una sua spiegazione. «È una questione psicologica ed emotiva. L’ufficio postale fa parte di quelle “istituzioni” che il ticinese (e non solo) sente come “sue”, alle quali non intende rinunciare. Anche quando non ne fa uso quotidianamente».
Serve un compromesso – Il digitale, intanto, avanza. «E non possiamo permetterci di assumere il deficit generato dalla rete così come si presenta oggi – sostiene il portavoce del Gigante Giallo –. Ci vuole un compromesso, un mix ideale di punti di accesso diversificati, in grado di andare incontro alle altrettante diversificate esigenze della popolazione. Parallelamente, non dimentichiamoci che si continua a investire nel rinnovo di uffici postali tradizionali, come ad esempio a Lamone e a Vira Gambarogno».
Ingiustizia sociale – Alcuni vedono la chiusura dello sportello di paese come un’ingiustizia sociale. «Non ci sono mai stati licenziamenti in seguito a queste chiusure – ribatte Scossa –. Abbiamo puntato su pensionamenti, su pre-pensionamenti, su ricollocamenti, a volte su adeguamenti delle percentuali di impiego. Questo sempre all’insegna del dialogo con il personale e con le parti sociali».
Partner di fiducia – Ma come vengono scelti i partner a cui affidarsi? «Deve trattarsi di una società capace di offrire solide garanzie economiche nel tempo – illustra Scossa –. La selezione è accurata. Non lasciamo nulla al caso. I dipendenti dell’esercizio che sigla l’accordo con la Posta vengono formati e seguiti, e sono soggetti al segreto postale. Anche per questo non abbiamo mai avuto critiche sulla serietà dei nostri partner».
Il postino a domicilio – Privacy assicurata, dunque. «E in ogni agenzia – sintetizza Scossa – è possibile eseguire quasi tutte le operazioni postali richieste di norma in una filiale tradizionale. Nelle località in cui apriamo una filiale in partenariato, introduciamo anche la possibilità di fare capo al servizio versamenti a domicilio, per chi, come talvolta gli anziani, desidera pagare sempre in contanti. In quel caso, su richiesta, è il postino che raggiunge il nostro cliente a casa sua».