Una leggenda che sembra quasi realtà. Lo storico: «È un personaggio a cui piace credere»
LUGANO - «Peccato che Guglielmo Tell non sia più tra noi...». Lo scrive il deputato Udc Tiziano Galeazzi in una recente opinione sulla revisione della legge sulle armi. Ma l’eroe nazionale compariva anche, per esempio, nel discorso che il consigliere federale Johann Schneider-Ammann tenne il 1. agosto 2017 a Breggia: «Che cosa penserebbe oggi Guglielmo Tell della Svizzera?» si chiedeva. Insomma, il personaggio - che secondo la leggenda sarebbe vissuto attorno al 1300 e nei secoli è diventato un simbolo di libertà e indipendenza - sembra ormai essere più reale che mai. E anche tra la gente, lo mostra il video allegato, sono in molti a credere che Tell sia esistito per davvero.
«Non c’è nessuna testimonianza che prova l’esistenza di Guglielmo Tell» assicura lo storico Fabrizio Panzera, che comunque aggiunge come questo non escluda che all’epoca sia potuto esistere qualcuno che si sia ribellato al Gessler, quindi alla casa imperiale austriaca degli Asburgo. Ma non era Guglielmo Tell, che con la sua balestra salvò la vita del figlio colpendo una mela. Anzi, questa leggenda richiama storie scandinave, che narrano di abili tiratori con l’arco e la freccia. «Sono storie che giravano per l’Europa, portate dai menestrelli».
Ai giorni nostri il mito tende però a confondersi con la realtà. «Il fenomeno potrebbe essere dovuto al fatto che, negli anni della seconda guerra mondiale e subito dopo, nelle scuole si è insistito molto sul mito della Svizzera indipendente» ipotizza lo storico, sottolineando che il tema veniva trattato anche rifacendosi alle gesta di Guglielmo Tell. «Il mito si è dunque radicato in noi, è un personaggio a cui piace credere».
Ed è una leggenda su cui si fa leva anche nelle questioni politiche. Basti pensare all’ormai imminente votazione sull’Iniziativa per l’autodeterminazione, che parla di «diritto svizzero anziché giudici stranieri». «È un termine che si rifà ai fatti dell’epoca, al patto federale del 1291 in cui Uri, Svitto e Untervaldo si impegnarono a rifiutare la presenza di giudici stranieri» conclude lo storico.