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CANTONEPugni in pancia, costretti a fumare: «L'esercito è omertà»

17.10.18 - 16:10
Quello accaduto a Emmen è solo l'ultimo di molti casi in cui i soldati subiscono violenze fisiche o psicologiche
lettore tio.ch
Pugni in pancia, costretti a fumare: «L'esercito è omertà»
Quello accaduto a Emmen è solo l'ultimo di molti casi in cui i soldati subiscono violenze fisiche o psicologiche

LUGANO - Sottomessi e costretti a subire umiliazioni di ogni sorta. Nella scuola reclute dell'esercito a Emmen (LU) tre ticinesi sono stati vittime di nonnismo e uno di loro è stato usato come bersaglio di una sassaiola: il video è diventato virale e stamattina il capo dell'esercito Philippe Rebord ha deplorato l'accaduto su Twitter, annunciando che domani visiterà la scuola reclute. 

I precedenti - Non è il primo caso, in realtà. Nel 2014 nella scuola reclute di Elm un 22enne di Vacallo era stato legato a un armadio con un laser puntato negli occhi. Sette commilitoni erano stati condannati dalla giustizia militare per aggressione, sequestro di persona e rapimento. Più di recente, quest'anno a Coira un giovane era stato costretto a correre seminudo per la caserma. Un altro era stato immobilizzato come una mummia a una fontana, con del nastro adesivo.

Solo «ragazzate»? - Sullo sfondo c'era la discriminazione regionale e linguistica - il fatto di essere un “cincali”. Altre volte il nonnismo va a toccare la sessualità, il colore della pelle o le origini sociali. Comportamenti in cui i militi, forti dell’appoggio del gruppo o del valore del grado, umiliano qualcuno che “ha la divisa dello stesso colore, ma non lo stesso identico umore”, ribaltando una nota canzone di De Andrè. Perché «sono ragazzate», perché «in fin dei conti servono a crescere» o perché «queste cose esistono da quando esiste l’esercito».

Il sondaggio - Ma episodi simili sono davvero un'eccezione? In un sondaggio condotto online da tio.ch/20minuti, ha dichiarato di avere assistito ad atti di nonnismo il 35% dei partecipanti (in 31 casi definiti «gravi»). Alcune testimonianze parlano di reclute «costrette a correre di fianco al proprio superiore (in bicicletta), facendo un tiro di sigaretta a ogni suo comando» come "punizione" dopo esser stati pizzicati a fumare.

«Ordine maniacale» - C'è chi critica «l'ordine in camera al limite del maniacale» e pratiche «inutili» come ordinare le divise sugli appendini «in modo che gli stemmi siano tutti allineati». O ancora, quella di misurare al centimetro (con l'uso di un metro) l'allineamento degli stivali durante la formazione d'appello.

I riti d'iniziazione - Ma a preoccupare il granconsigliere Massimiliano Ay (Partito comunista) oltre agli atti di nonnismo «è il clima omertoso che copre veri e propri riti di iniziazione». Come quello di «tirarsi dei pugni in pancia a ripetizione tra sottoufficiali, al momento della promozione». Riti che per l'esercito «è come se non esistessero, e invece andrebbero contrastati con decisione» afferma Ay.

«La giustizia non funziona» - Per il deputato, che da anni offre assistenza alle reclute vittime di mobbing, il problema «è che la giustizia militare di fatto non è indipendente, e non sappiamo se questi graduati vengano poi degradati o espulsi dall'esercito, dopo la condanna». Senza contare i casi finiti nel dimenticatoio. Lasciando però tracce indelebili nelle menti - e a volte pure sulla pelle - di questi giovani uomini.

 

 

 

 

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