Il tema del suicidio assistito è stato trattato stasera a Lugano da parte dell’associazione Exit
LUGANO - «Ormai non c’è più nulla da fare, sono pronto ad avviare la pratica per andarmene». Nel 2017 la decisione di ricorrere al suicidio assistito è stata scelta, soltanto in Ticino, da dodici persone. Dodici persone che hanno quindi assunto quindici grammi di Natrium-Pentobarbital, un medicamento che in pochi minuti fa cadere in un sonno profondo e poi provoca la morte. Si trattava perlopiù di malati terminali over 70. Ma il tema resta delicato, e non tutti riescono ad accettarlo. Anche questo è un aspetto emerso stasera nell’ambito di un incontro informativo sull’emergenza che l’associazione Exit ha tenuto all’Hotel Dante di Lugano.
Decisione autonoma - «Ho deciso di iscrivermi a Exit, perché in futuro potrei averne bisogno. Ma cosa posso fare se i miei parenti non dovessero accettare la mia decisione? O addirittura si dovessero opporre?» Questa è soltanto una delle domande poste dal centinaio di persone presente in sala. La decisione di morire, lo ha ricordato Ornella Ferro di Exit, può essere presa solo da persone gravemente malate o sofferenti. «E devono essere capaci di intendere e volere, dovranno assumere in autonomia il medicinale letale» ha spiegato, sottolineando a più riprese che «se la somministrazione fosse effettuata da terzi, sarebbe eutanasia: una pratica proibita in Svizzera». Se qualcuno all’ultimo secondo decidesse di non voler più morire - qualcuno lo ha chiesto - «per questa persona è sufficiente non ingerire la sostanza letale».
La valutazione del caso - Dal momento che viene richiesta l’apertura di una pratica fino al suicidio assistito - ha aggiunto Ernesto Streit, responsabile di Exit per il Ticino - possono passare meno di due settimane, ma anche tre quattro anni. Sono necessari documenti specifici sul caso, vengono effettuati dei colloqui. «E capita anche che nel momento in cui è tutto pronto, la persona che aveva fatto richiesta ritrova la forza di andare avanti, di continuare a vivere».
Se si perde la lucidità - Nel corso della serata non sono comunque mancati i dubbi sull’impossibilità di fare ricorso al suicidio assistito nel caso che venga a mancare la capacità di intendere e volere. «Nonostante svariati anni di affiliazione, anche soltanto un ictus può quindi negare questa possibilità a una persona?» ha chiesto qualcuno. Ed è proprio per questo che nell’incontro è stato dato ampio spazio anche alle disposizioni del paziente (il cosiddetto testamento biologico): «Questo strumento permette di stabilire in anticipo chi rappresenterà i propri interessi, dando in particolare le indicazioni sulle cure mediche da seguire» ha quindi spiegato Streit. «La disposizione standard di Exit prevede che la vita non venga allungata inutilmente» ha concluso.