Un'interpellanza interpartitica chiede al Governo di verificare «se vi sia stata una «deliberata omissione di informazioni di interesse per i cittadini chiamati al voto»
BELLINZONA - Sotto il nome “La Scuola che verrà”, il DECS ha sviluppato una proposta di riforma della scuola dell’obbligo ticinese sulla quale le cittadine ed i cittadini ticinesi sono stati chiamati a decidere, il 23 settembre 2018, se accettare o rigettare il credito per la sperimentazione, durante tre anni, di alcune varianti.
Tramite un'interpellanza interpartitica (sottoscritta da Paolo Pamini, Boris Bignasca, Cleto Ferrari, Lara Filippini, Tiziano Galeazzi, Sergio Morisoli, Maruska Ortelli, Gabriele Pinoja, Massimiliano Robbiani) diversi deputati chiedono al Governo «se e come le fonti di ispirazione della riforma siano state pubblicamente comunicate in modo completo e trasparente a chi è stato chiamato ad esprimere un giudizio sulla proposta».
«In più occasioni - sottolinea l'interpellanza -, il Direttore del DECS, onorevole Consigliere di Stato Manuele Bertoli, ha negato pubblicamente che l’impostazione della SCV si ispiri a o tragga spunto dalla riforma scolastica adottata in Francia negli anni Ottanta dall’allora governo socialista Jospin (...). Il collega deputato avv. Andrea Giudici, ha però presentato una serie di citazioni che mostrano come vari elementi sostanziali delle visioni dipartimentali presentino delle spiccate analogie con contenuti di ugual tenore della suddetta riforma socialista francese».
L'interpellanza non intende «giudicare la bontà degli effetti della SCV e se questa sia effettivamente da considerare una riforma di impianto centralista e socialista». Chiede piuttosto se «il DECS, il suo Direttore, ed i suoi alti funzionari abbiano mancato di menzionare le fonti ispiratrici delle proposte di riforma avanzate, se abbiano pubblicamente negato tali nessi malgrado la loro presenza e se addirittura abbiano omesso di informare le parti sugli esiti di studi e verifiche fatte».
I deputati interpellanti, insomma, vogliono verificare se vi sia stata una «deliberata (parziale) omissione di informazioni possibilmente di interesse per le cittadine ed i cittadini chiamati al voto. In secondo luogo, trattandosi di materiali prodotti dal Cantone in ambito scolastico con forti riferimenti pedagogici ed accademici, la violazione delle norme in materia di plagio risulta essere più grave che in altri possibili settori di attività dello Stato. In terzo luogo, la pubblica negazione da parte di organi dell’Esecutivo di informazioni rivelatesi invece vere non può più passare per semplice negligenza bensì potrebbe di principio sfociare in un criticabile comportamento capace di compromettere la fiducia nelle istituzioni».
Qui di seguito le domande poste al Governo: