La presidente di Ticinomoda critica contro un certo tipo di sfiducia nell’economia: «In passato l’insediamento di una grande azienda in Ticino era una notizia positiva, oggi non lo è più»
LUGANO - «Nessuno, per il solo fatto di pagare molte imposte nel nostro cantone, può pretendere di fare quello che vuole». In occasione dell'assemblea annuale di Ticinomoda la sua presidente, Marina Masoni, ritorna sullo scandalo del marchio di moda installatosi a Lugano per parlare della "Fashion Valley" ticinese, dei suoi vizi e delle sue virtù.
«Sappiamo quali siano da un lato i vantaggi e dall’altro i problemi che un mercato del lavoro maggiormente aperto, grazie agli Accordi bilaterali, comporta - ha sottolineato dal LAC Masoni -. Non ci sono solo vantaggi e non ci sono solo problemi». L'occasione è stata ghiotta per promuovere Ticinomoda e i due contratti collettivi di lavoro sottoscritti (uno nel settore della produzione con OCST e UNIA e uno per gli impiegati di commercio).
L'attacco a Plein - Ma anche per prendere le distanze dal marchio Philipp Plein: «Non è non è mai stato un nostro associato - sottolinea Masoni -. Non spetta a noi né accertare né giudicare cosa sia effettivamente successo nella sede di Lugano dell’azienda. La reazione e le dichiarazioni fatte pubblicamente dall’interessato non possono però trovare la nostra approvazione. Le regole vanno rispettate, anche tutte quelle stabilite dalla legislazione sul lavoro. Anche se e quando non ci piacciono. La capacità imprenditoriale consiste anche nel ritagliarsi la necessaria e sufficiente flessibilità all’interno, non al di fuori, di queste regole. Non si può fare ciò che si vuole».
La critica all'atteggiamento di sfiducia nell'economia - Masoni ha quindi speso parole positive riguardo a un settore fiorente, ma si è dimostrata critica nei confronti di un certo pessimismo e di un certo atteggiamento: «Affermare che l’economia ticinese cresce, attira e fa nascere nuove imprese, crea molti più posti di lavoro di quanti ne vengano soppressi nelle aziende in difficoltà viene considerato quasi un reato politico, nella migliore delle ipotesi una mancanza di riguardo verso le persone che hanno perso il lavoro e non riescono a ricollocarsi o verso le piccole imprese che devono confrontarsi con la concorrenza molto pressante di chi viene da fuori confine. Qua e là fa capolino la convinzione che i meriti, l’impegno, le capacità, i successi degli uni siano addirittura la causa dei mali e delle difficoltà degli altri».
Per Masoni questo viene visto come un «segnale preoccupante di un malessere difficile da interpretare e di una sfiducia verso l’economia di mercato. «In passato l’insediamento di una grande azienda in Ticino era una notizia positiva, oggi capita invece che qualcuno accolga come una notizia positiva la partenza dal Ticino di una grande azienda, vista come un togliere dal nostro territorio un elemento estraneo, di disturbo».