In Ticino il Centro ascolto razzismo registra una trentina di segnalazioni all'anno: «Preoccupa anche la discriminazione di bassa intensità»
LUGANO - «Mi è rimasto particolarmente impresso l’episodio di un ragazzino di origini africane insultato da un compagno di giochi nel campetto di calcio del suo quartiere nel Luganese. E l’insulto faceva un chiaro riferimento al colore della sua pelle». Chiude gli occhi Estelle Rechsteiner e col pensiero rivede le persone che negli ultimi dodici mesi hanno contattato il Centro ascolto razzismo discriminazione (Cardis) a Viganello (numero gratuito 0800 194 800, www. discriminazione.ch). Ad aggravare quell’episodio, continua la responsabile del Centro, ricorda l’atteggiamento di chi sarebbe dovuto intervenire: «Quando la mamma del ragazzino mulatto ha fatto notare che questo modo di comportarsi aveva offeso e ferito il suo bambino, l’altra madre ha preso le difese del figlio che aveva insultato invece di rimproverarlo».
Venti-trenta chiamate d’aiuto - Succede in Ticino, non una e nemmeno 20-30 volte all’anno: «Perché queste sono solo le persone che in media ci chiedono di seguire la loro vicenda con un accompagnamento mirato, ma i casi sono molti di più» spiega la responsabile di Cardis: «Diversi altri ci chiedono informazioni via email su diverse tematiche, come ad esempio la rilevanza a livello giuridico di una discriminazione».
Mai tacere, come se fosse normale - In altre parole Cardis - che ha il sostegno dell’Ufficio del Delegato cantonale per l’integrazione degli stranieri - è un’antenna che intercetta gli episodi di discriminazione razziale in Ticino e la sintesi della sua attività è confluita nel recente rapporto pubblicato dalla Rete di consulenza per le vittime del razzismo: il bilancio per la Svizzera, con 301 casi nel 2017, è da record negativo. Nessuno è al riparo, come dimostra l’episodio dei tre poliziotti di Zurigo a processo per aver detto «africano di m***, rientra nel tuo paese!» a un uomo durante un controllo. Ma sotto la punta dell’iceberg il disagio sembra più ampio e strisciante: «A volte le persone vengono per un problema concreto e quando iniziano a parlare vengono a galla tutta una serie di episodi di discriminazione “di bassa intensità” subiti in passato e che hanno taciuto come se facessero parte della normalità. È questo sentimento di impotenza e di sfiducia che mi colpisce maggiormente» osserva Estelle Rechsteiner.
Capri espiatori delle paure - C’è poi una paura d’importazione con l’immigrazione e il terrorismo a fare da scintilla: «Notiamo anche noi una corrispondenza tra eventi che si verificano fuori dalle nostre frontiere e le manifestazioni di intolleranza sul nostro territorio». Questa intolleranza, continua la responsabile di Cardis, «a volte è una risposta a una situazione di insicurezza derivante dall’incertezza economica o di un disagio sociale che conduce alcune persone a individuare un capro espiatorio (in questo caso gli stranieri) come il colpevole di tutti i mali della società».
Giovani e adulti contagiati - La discriminazione razziale, come dimostra l’episodio raccontato sopra, esiste anche tra i più giovani: «Tra gli adulti questo fenomeno può essere il frutto di un’ideologia razzista in base alla quale alcune “razze” sarebbero superiori ad altre. O un atto discriminatorio figlio delle paure. Tra i ragazzini si tratta spesso del risultato di paure e pregiudizi veicolati dai genitori o altri adulti di riferimento o anche da quello che possono trovare su internet o nei mass media».