Una lettera stigmatizza l’iniziativa che sta raccogliendo una tiepida adesione. E gli imprenditori spiegano perché in determinati settori la preferenza indigena sia inapplicabile
MONTECENERI - È passato circa un mese e mezzo da quando Monteceneri ha ufficialmente contattato le aziende del comune per “promuovere” l’utilizzo dell’adesivo che attesta una quota minima del 70% di personale residente. In pratica una riedizione in salsa sottocenerina dell’iniziativa lanciata in passato da Claro.
La notizia è che finora l’adesione degli imprenditori è stata molto tiepida. Il bollino con la scritta “Noi impieghiamo prevalentemente personale residente” non fa presa. Anzi alcuni responsabili d’azienda, in forma anonima, hanno inviato a Tio.ch/20minuti una lettera per manifestare «timore, disagio e contrarietà nei confronti di iniziative discriminatorie come questa». Sottolineando che «se mai volessimo davvero distinguere le nostre aziende e le nostre attività commerciali, ci piacerebbe poterlo fare per la serietà dei servizi e la qualità dei prodotti che offriamo».
La missiva lascia anche intendere che il disagio per l’iniziativa del Municipio sarebbe diffuso tra gli imprenditori. Per capire se questo sentimento è comune ne abbiamo contattati alcuni. L’amarezza non pare giungere dalla Vanini, la cui direttrice Beatrice Fasana si limita laconicamente a commentare: «Trovo lodevole l’iniziativa». Di più però non dice. Più loquace è invece Lorenzo Domeniconi, il fondatore della Gtk Timek Group Sa, azienda di alta tecnologia che opera nella produzione di rulli ad alta precisione: «La buona volontà di cercare in zona il personale c’è. Esiste questa attenzione da parte nostra. Dopodiché ci si scontra con la grande difficoltà di trovare le persone, magari con esperienza nella meccanica, qualificate e preparate per operare nel nostro campo. In zona non si trovano». Non molto dissimili le considerazione di Marco Togni, direttore dell’Alpiq Ticino a Rivera, azienda leader nell’impiantistica: «Non direi che l’iniziativa del Comune sia dannosa. Noi però operiamo nel ramo dell’edilizia dove volenti o nolenti abbiamo poca scelta. Se potessimo assumere in zona saremmo contenti, ma senza una certa quota di frontalieri il mercato dell’edilizia sarebbe morto. E comunque siamo sottoposti a due contratti collettivi di lavoro che ci obbligano a rispettare certi oneri salariali. Quindi dietro l’assuzione di un frontaliere non c’è la volontà di risparmiare. Ma semplicemente non si trova altrimenti e dipende del mercato in cui si opera». Ed è forse questa la spiegazione migliore del fatto che l’adesivo sembra aver fatto flop. «Io posso attaccarlo» dice un po’ ironicamente Ivano Margni, consigliere comunale a Monteceneri e titolare di una ditta che posa piastrelle: «Ma noi siamo solo in due e tutti residenti. L’adesivo mi pare un contentino. Un’idea buona, forse, per smuovere le acque ma non è certo la soluzione. Allora è decisamente meglio l’albo della Lia che punta sul rispetto di regole comuni per tutte le ditte. A prescindere da dove arrivano gli operai». E se la traballante Lia è meglio dell’adesivo, beh, questo spiega perché è meglio pensarne un’altra.