Ospite a Milano di un convegno su "Federalismo e democrazia: il caso della Radiotv svizzera", il presidente della Corsi Luigi Pedrazzini ribatte alle critiche dei sostenitori di "No Billag"
MILANO - Occhi puntati su "No Billag" anche all'estero. L'eco dell'iniziativa per l'abolizione del canone radiotelevisivo è arrivata fino a Milano dove, ieri sera, si è tenuto un convegno intitolato “Federalismo e democrazia diretta. Il caso della radiotelevisione in Svizzera”. Ospiti dell'incontro, che si è tenuto all'Istituto svizzero in collaborazione con la Camera di commercio svizzera in Italia, sono stati Luigi Pedrazzini, presidente della Corsi (Società cooperativa per la Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana) e Gianfranco Fabi già vicedirettore de Il Sole 24 ore. Ha moderato il giornalista Lino Terlizzi. Al termine della serata Tio.ch/20minuti ha intervistato il presidente della Corsi.
Perché bisogna dire no a “No Billag”?
L’iniziativa No Billag - risponde Luigi Pedrazzini - mira alla privatizzazione del servizio pubblico, non vuole migliorare la SSR ma punta a distruggerla togliendole finanziamenti che rappresentano il 75% del suo budget. La Svizzera ha fortemente bisogno di dare spazio alle realtà regionali e linguistiche e la maggior parte delle risorse vengono impiegate nella produzione. In questi ultimi giorni di campagna io vorrei mettere in primo piano la difesa della Svizzera italiana. Nell’ambito della radiotelevisione è stata mantenuta una forte solidarietà verso le minoranze. Da soli non potremmo mai disporre di una radiotelevisione. Capisco che si discuta e che si voglia cambiare il sistema radiotelevisivo. Incominciamo però prima di cambiarlo a difenderlo, se facciamo cadere i 200 milioni di franchi che arrivano dal canone non ci sarà più nessuno spazio per un discorso di miglioramento.
Ma il canone non è forse un po’ troppo caro?
È il canone più caro d’Europa, è vero, ma scenderà l’anno prossimo a 365 franchi. Non dimentichiamoci che finanzia una produzione in quattro lingue e che con il 6% del canone si finanziano anche 34 radio e televisioni private che si impegnano a fare informazione.
Una delle critiche mosse dai promotori del referendum alla SSR è che l’informazione che offre è un po’ troppo sbilanciata verso il centro sinistra e che sia un po’ distaccata dalla realtà.
La faziosità presunta è un discorso che oggettivamente si può portare avanti. C’è il fatto che nelle radiotelevisioni forse la maggioranza dei giornalisti sono di sinistra: ma se un giornalista fa indagini e spesso etichettato come un rompiscatole e quindi di sinistra. Ripeto si può discutere ma il nostro sistema offre la possibilità di reclamare. La stessa cosa non si potrebbe imporre ad una radio o ad una tv privata perché decide lei stessa la sua linea e non contempla il reclamo. Su questi temi siamo però tutti diventati un po’ troppo tifosi: io credo di poter dire che se ci sono delle manifestazioni di tendenza sono comunque molto limitate.
Un nuovo sondaggio appena reso noto parla di una vittoria di misura del sì in Ticino mentre nel resto della Svizzera si registrerebbe una convincente vittoria dei no.
Io tendo a fare commenti sui dati veri e non sulle indicazioni e sulle tendenze. I sondaggi possono anche essere corretti ma i commenti é meglio farli a bocce ferme altrimenti si rischia di imbastire una discussione che poi tra due settimane viene smentita dalle cifre. Io nel consiglio della SSR mi ero espresso contro l’idea di fare dei sondaggi perché influenzano da una parte o dall’altra il risultato della votazione.
Il canone alla SSR può essere considerato una garanzia di qualità per limitare la diffusione di fake news?
Io credo che la presenza di un servizio pubblico rappresenti la qualità del mondo dell’informazione e volontà e capacità di approfondire l’origine e la verità della notizia. La possibilità di limitare il rischio di fenomeni di fake news e delle invenzioni di notizie che possono condizionare le scelte di una società è uno dei motivi che giustifica, anche nell’era della digitalizzazione, la difesa di un servizio pubblico radiotelevisivo.
La SSR deve avere la pubblicità?
Se la SSR venisse privata della possibilità di fare pubblicità io credo che questa perdita non andrebbe a vantaggio della carta stampata e la pubblicità si sposterebbe sull’online andando a favorire google e gli altri grandi canali internazionali. Io credo che la SSR rinuncerà a fare la pubblicità sull’online continuando a fare come fa già oggi in cui i servizi giornalistici che appaiono sul sito online della RSI news devono avere un numero di battute limitato. Nel futuro, per rispettare il gioco delle parti con gli editori dei giornali, la SSR dovrà fare una presenza sull’online riferita solo alla sua attività audiovisiva quindi per riportare filmati, musica ma non andare in concorrenza coi giornali con degli articoli scritti.