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BERNA / CANTONE«Se dovessi ricominciare daccapo mi piacerebbe tornare a fare il giudice»

16.02.18 - 18:31
Cambiare è stato il motto di Mauro Dell'Ambrogio che a novembre andrà in pensione. Il segretario di Stato per la formazione ripercorre quella che definisce «una carriera orizzontale e circolare»
«Se dovessi ricominciare daccapo mi piacerebbe tornare a fare il giudice»
Cambiare è stato il motto di Mauro Dell'Ambrogio che a novembre andrà in pensione. Il segretario di Stato per la formazione ripercorre quella che definisce «una carriera orizzontale e circolare»

BERNA - Non è un fulmine a ciel sereno, perché i 65 anni arrivano per tutti, ma la notizia che Mauro Dell’Ambrogio andrà in pensione il prossimo novembre ha destato una certa sorpresa. Forse perché abituati, nei decenni, a vederlo cambiare ruolo e ambito lavorativo con una certa regolarità. Invece quella di segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione sarà la sua ultima mansione. «Sicuramente non cerco e non assumerò più un lavoro operativo a tempo pieno - precisa con Ticinonline/20minuti l’alto funzionario federale -. All’appuntamento manca comunque ancora quasi un anno».

Quando avviene un passaggio di consegne si tende a chiudere i progetti iniziati o a svilupparne di nuovi?

«Un ruolo come il mio è soprattutto orientato al lungo termine. Quindi dovrò ancora occuparmi di temi che poi saranno ripresi dai miei successori. Quando ho assunto questa funzione per molti anni ho dovuto implementare decisioni preparate in precedenza».

Quali sono invece gli obiettivi o le sfide affrontate a Berna a cui tiene di più?

«In dieci anni sono successe tante cose. Ma citerei la messa in atto dell’articolo costituzionale del 2005 per la riorganizzazione del sistema universitario. Poi c’è stata la crisi dei rapporti con l’Unione europea e il grande lavoro per salvare la partecipazione della Svizzera ai programmi europei di ricerca, parzialmente e da quest’anno integralmente. Ho poi avuto, durante tre anni, la presidenza del consiglio dei ministri dell’Agenzia spaziale europea, dove  ho negoziato in questa veste tra i paesi membri le future missioni spaziali e la ripartizione delle forniture industriali. Dal 2013 ho diretto la fusione tra la  Segreteria di Stato che già si occupava di educazione e ricerca e l’ufficio per la formazione professionale e la tecnologia, più il settore dell’innovazione: la maggiore riorganizzazione nell’amministrazione federale dell’ultimo decennio».

Lei è stato giudice, comandante della polizia cantonale, direttore della Supsi… e molto altro ancora. Da dove nasce questa voglia di cambiare?

«Ho cambiato sette volte completamente settore, mestiere e datore di lavoro, nel pubblico e nel privato. Per alcuni cambiare è una necessità, per me è stato soprattutto il piacere delle nuove sfide. Ogni 5-6 anni gettavo via la vecchia agenda e ricostituivo una rete nuova di contatti, in un ambiente nuovo e a volte anche in una lingua diversa. Beh, questo aiuta forse anche a restare giovani».

Di queste parentesi di circa un lustro ne ricorda qualcuna più di altre?

«Fare gerarchie è difficile. Gli impegni più lunghi sono stati il comando della polizia ticinese e la funzione attuale. Interessante è stato, da segretario del Dipartimento della pubblica istruzione in Ticino, fare da capoprogetto per la nascente università della Svizzera italiana, come pure la direzione di un gruppo di cliniche private. Soddisfazione mi hanno dato particolarmente le occupazioni accessorie, come fare il sindaco di Giubiasco per dodici anni o i 1400 giorni di servizio militare».

Ma se dovesse proprio scegliere?

«Giovanissimo, dal 1979 al 1984, sono stato pretore di Bellinzona. Fare il giudice mi piaceva, non lo avrei fatto per tutta la vita, ma oggi il giudice per qualche anno lo farei ancora… La mia è stata una carriera orizzontale e, in una prospettiva di utopica immortalità, circolare. Non ho mai concepito il lavoro come un trampolino verso l’alto».

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