A quattro anni esatti dal voto contro l'immigrazione di massa il presidente dell'UDC Ticino Piero Marchesi fa un bilancio e del futuro dice: «La nuova iniziativa giusta ma rischiosa»
BELLINZONA - «Quando la politica tradisce la volontà popolare la prima vittima è la democrazia». Nel commentare l’anniversario del 9 febbraio il presidente dell’UDC Ticino, Piero Marchesi, punta il dito contro quelli che, a suo dire, sono i responsabili della non applicazione dell’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”. Tema al quale ticinonline/20minuti dedica un Focus.
Cosa è concretamente cambiato grazie a quel voto per un cittadino che cerca lavoro?
«Per il cittadino non è cambiato assolutamente nulla. Il popolo ha deciso un ritorno al controllo dell’immigrazione con tetti massimi, contingenti e preferenza indigena, ma poi la politica si è mossa in tutt’altra direzione. Rispetto a prima di quello storico voto è però ora chiaro che alla popolazione svizzera questo tipo di immigrazione non piace e lo ha deciso contro tutti. Tranne l’Udc, il solo partito a sostenere l’iniziativa (assieme alla Lega, ndr). Tutti gli altri erano contro. Dal Parlamento, alle associazioni economiche, alla Chiesa».
Perché non è stato possibile applicare il cambiamento costituzionale?
«In realtà la possibilità di applicarla c’era, ma la maggioranza del Parlamento e del Governo ha semplicemente ignorato la volontà popolare. Prima del voto minacciavano che si sarebbero dovuti disdire gli accordi bilaterali e di libera circolazione, poi passata l’iniziativa hanno cambiato strategia sostenendo che non avevamo indicato chiaramente cosa bisognava fare. Ma il messaggio governativo del 2012 diceva chiaramente che con un sì all’iniziativa l’accordo di libera circolazione doveva essere disdetto. Era chiarissimo fin da allora cosa bisognava fare. Chi sostiene il contrario è un bugiardo. È evidente che ci sono partiti che portano avanti degli interessi dell’economia che specula su questa situazione e non vogliono regolamentare l’immigrazione».
Come Udc non vi rimproverate nulla?
«Abbiamo forse dato troppa fiducia alla politica. Proprio perché non siamo dei kamikaze avevamo dato al Consiglio Federale tre anni di tempo per trovare una soluzione, rinegoziare l’accordo e mettere in atto tetti massimi, contingentamento e preferenza indigena. C’era tutto il tempo per farlo. È mancata la volontà ed il tradimento della volontà popolare colpisce al cuore la democrazia».
Ora il vostro partito torna alla carica con una nuova iniziativa che mira a cancellare libera circolazione con l’Ue. Sarà una battaglia per voi più o meno dura del 9 febbraio?
«Per mera opportunità politica avremmo forse fatto meglio a non lanciare questa nuova iniziativa. Perché la votazione stavolta metterà un punto finale alla questione e in caso di bocciatura il tema immigrazione sarà chiuso per tutti. È un’iniziativa dunque molto rischiosa, ma se passerà la politica non potrà più fare finta di nulla. Avevamo promesso questa iniziativa al popolo, siamo stati di parola. Ora attendiamo molte firme da parte dei cittadini».
Cosa ha rappresentato il voto del 9 febbraio e perché?
«È stato un momento di rinascita democratica del popolo svizzero. Contro qualsiasi scenario apocalittico è passata la volontà di autodeterminarsi con proprie regole. La stessa cosa è avvenuta, più in piccolo, in Ticino con “Prima i nostri”. Speriamo in un esito diverso nell’applicazione, anche se le premesse non parrebbero molto differenti».