Cartelloni pubblicitari e inserti nei giornali. Enzo Lucibello, presidente della DISTI: «È giusto che si promuovano. Il vero problema è l’atteggiamento delle nostre autorità»
CHIASSO – «Noi convenienti, voi sorridenti». È solo uno dei tanti slogan che appaiono su cartelloni pubblicitari sparsi tra Chiasso e Balerna. Alcuni centri commerciali italiani stanno cercando nuova clientela in Ticino. Lo testimonia anche l’adesivo inserito di recente in un quotidiano della Svizzera italiana, in cui si invitava il lettore a fare la spesa oltre confine. Una situazione che, indirettamente, irrita Enzo Lucibello, presidente dell’associazione mantello della grande distribuzione (DISTI). «Non mi dà fastidio che i supermercati italiani facciano pubblicità da noi – spiega –. È un loro diritto. Anche noi potremmo fare altrettanto in Italia».
E allora qual è esattamente il punto?
«Non abbiamo condizioni quadro per competere con l’Italia. La classe politica sta facendo di tutto per crearci problemi. Da sempre. Eppure nel marzo del 2016 si è votato per ampliare gli orari d’apertura nei negozi».
Non pensa che oggi il Ticino, da quel punto di vista, sia più competitivo?
«No. Perché ogni volta ci si aggrappa a cavilli burocratici che ci impediscono di migliorare la nostra situazione. È vero, nel centro di Lugano i negozi al sabato possono restare aperti fino alle 19. Perché Lugano è giudicata Città turistica e in zona di confine. A Grancia, però, in inverno, i supermercati al sabato continuano a chiudere alle 17. La verità è che la legge è una specie di minestrone. Non si capisce più niente».
Perché a un anno e mezzo dal voto, si è ancora a questo punto?
«Il Cantone dice che non si può fare altrimenti, in quanto la legge prevede l’adozione di un contratto collettivo obbligatorio nella vendita. Eppure, la legge è stata votata. In fondo l’importante è che si rispettino i dipendenti. Il Cantone, in un caso del genere, dovrebbe dunque concedere una serie di deroghe. Invece…».
C’è anche la questione della tassa sui posteggi, attualmente congelata. Come la state vivendo?
«Male, ovviamente. Fare pagare i posteggi ai nostri clienti sarebbe un aggravio in più delle nostre condizioni quadro. È stato fatto un ricorso al Tribunale federale. Siamo in attesa. Come del resto la maggior parte dei lavoratori ticinesi. Anche su questo tema si è votato. Ma secondo me le cose non sono state illustrate chiaramente ai cittadini. Sono convinto che se si votasse oggi, l’esito del voto sarebbe diverso».
Attualmente un euro equivale a circa un franco e 15. Il cambio sembra essere tornato favorevole.
«Sì. E infatti i negozi ticinesi della fascia di confine ora soffrono un po’ meno. Andare a fare la spesa in Italia, in questo momento, non è più così conveniente».
Forse è per questo che le grandi catene italiane si sono lanciate in questa campagna in Ticino?
«Ripeto, io sono per la libertà. Lo facciano pure. Non è questo che ci deve importare. Noi vorremmo solo potercela giocare alla pari. O le autorità ticinesi ci permettono di essere competitivi, oppure avremo sempre problemi».